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Questo articolo è stato pubblicato il 01 luglio 2012 alle ore 08:19.

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Per misurare con evidenza quanto sia regredita in 50 anni l'Italia, è sufficiente vedere lo stato di abbandono nel quale versa il superbo Palazzo del Lavoro progettato ed eseguito da Pier Luigi Nervi per Italia 61. Le celebrazioni dei 150 anni dell'Unità nel 2011, in luogo di restituirgli vita, hanno occultato il degrado e la ruggine con un pietoso velo tricolore, destinando nel contempo, il Comune, tale monumento a centro commerciale. Per chi sia cresciuto nella Città del Lavoro, quello straordinario edificio di 16 svettanti colonne che si elevano irraggiando, al sommo, nervature che divengono il cielo stesso del palazzo, era il simbolo di un secolo, di lavoro e di dignità del lavoro, di storia di sacrifici che si era trasformata – grazie al genio di Nervi – in arte e memoria condivisa. Il destinarlo – come è già accaduto al Lingotto – a galleria di shopping umilia la storia del XX secolo della città di Torino. Nel momento stesso in cui al lavoro vengono tolti persino i nomi propri, sì che i lavoratori divengono «esodati», sarebbe ancor più necessario creare almeno – nel Palazzo del Lavoro – un Museo del Lavoro, che accolga in tali spazi quelle strutture massicce e complesse – dalle catene di montaggio alle turbine – che per la loro stessa possanza hanno definito il ciclo eroico del lavoro.
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