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Questo articolo è stato pubblicato il 22 luglio 2012 alle ore 08:15.

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In quello che è forse il miglior saggio teorico mai scritto sulla letteratura fantastica – Territori della finzione (Carocci) – Rosalba Campra censisce le infrazioni della convenzione realistica che sono alla base del genere. Ci sono quelli che potremmo chiamare gli "attacchi al soggetto" (la Campra parla di «categorie sostantive»), che si verificano quando un personaggio, in genere il protagonista, vede contestate le certezze su cui nella vita di tutti i giorni fondiamo la nostra percezione del mondo. Nel fantastico sostantivo le distinzioni tra io e non io, qui e lì, adesso e prima (o dopo) perdono di consistenza, sino a quando collassano le coordinate primordiali che consentono all'individuo di enunciarsi in quanto tale. Ma c'è anche un secondo tipo di racconti fantastici, che traggono la loro forza da un altro genere di infrazione (per la Campra «categorie predicative»): quando il soggetto assiste o partecipa al tracollo delle leggi della temporalità e della spazialità realistiche, o del confine tra animato e inanimato (i morti viventi, le statue che parlano…), o ancora tra umano e non umano.
Doppio riflesso, esordio al romanzo del costituzionalista Michele Ainis, oscilla le due soluzioni, cercando il fantastico ora nell'infrazione delle categorie sostantive, ora nell'infrazione delle categorie predicative. Un uomo di mezza età soffre di attacchi sempre più gravi e frequenti di amnesia; per ovviare all'imbarazzo che gli provoca la perdita di memoria, comincia ad annotare in un diario le proprie azioni; ma l'intreccio si complica sin dalle primissime pagine, per la comparsa di un sosia del protagonista, tale Arturo, che tutti scambiano per lui (con grave danno e imbarazzo della voce narrante); e perché a poco a poco quanto il protagonista annota nel quaderno – spesso delle pure fantasticherie – finisce per tramutarsi in realtà. Cosa sta succedendo? L'incontro in biblioteca con l'enigmatica Gea e la caccia al perduto e forse mai esistito Necronomicon (di cui parla nei suoi taccuini di lavoro Howard Philips Lovecraft) vengono a rendere ancora più intricata la vicenda.
Il romanzo di Ainis appartiene alla famiglia delle storie di cui è impossibile svelare troppi dettagli senza rovinare irrimediabilmente il meccanismo. In questa sede basterà dire che l'intrigo viene sciolto con uno stratagemma che, nei confini del genere, non si esiterebbe a definire "classico". Meno comune è il tentativo di impiantare il tema dello sdoppiamento della personalità (una tipica categoria sostantiva, per riprendere la Campra) sul tema della parola che modifica, quasi magicamente, il mondo attorno (tipica categoria predicativa). Una mossa imprevedibile, questa, e quanto mai arrischiata, perché chiede al lettore di accettare – allo stesso tempo – due ordini diversi di sconfinamento, e, così facendo, rende più difficile la «volontaria sospensione dell'incredulità».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Michele Ainis, Doppio riflesso, Rizzoli, pagg. 248, € 10,00

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