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Questo articolo è stato pubblicato il 26 luglio 2012 alle ore 16:25.

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69° Mostra del Cinema di Venezia69° Mostra del Cinema di Venezia

Non affidatevi a Enrico Lucherini, il re dei press agent, per giudicare il nuovo programma del Festival di Venezia. L'istrionico uomo di cinema- prossimo alla pensione, annunciata per ottobre: l'ennesima lucherinata?- l'ha definito "talebano", su twitter. Forse perché lui ama un cinema più popolare, forse perché il fondamentalismo è in effetti uno dei temi del festival (basta pensare al titolo del film che aprirà la rassegna: The reclutant fundamentalist di Mira Nair).

Basta dare però un'occhiata ai tweet dell'alacre e velocissimo ufficio stampa della Mostra Giovanni Santoro per scoprire che non è così: nomi noti e ospiti di livello, programma solido e vario, una strizzata d'occhio al pop e all'impegno, non manca nulla. Perché, come dice lo stesso direttore "c'è fermento e bisogna andare incontro al pubblico".

Sulla carta, almeno, il ritorno di Alberto Barbera è accompagnato da un buon vento: scelte giuste e decise come la riduzione dei film in programma- di fatto quasi la metà in meno- si accompagnano a un panel equilibrato e solido di autori, storie e nomi giusti. Usando una metafora sportiva, adatta in un giorno in cui verranno sfornati anche i calendari della nuova Serie A sotto attacco del calcioscommesse, Barbera e il suo bel team di selezionatori (Giulia d'Agnolo Vallan, Bruno Fornara, Mauro Gervasini, Oscar Iarussi, Emiliano Morreale e Marina Sanna), coadiuvati da un'ottima rete di consulenti (da segnalare l'ex codirettrice di Torino Giulia D'Agnolo Vallan per gli Stati Uniti e l'ottimo Paolo Bertolin per Filippine, Thailandia, Indonesia e Malesia), hanno messo su un'ottima campagna acquisti. Partiamo dagli italiani: si finisce, finalmente, con la lottizzazione delle produzioni-distribuzioni e si sceglie con coraggio.

Ecco gli annunciati Daniele Ciprì con E' stato il figlio e Marco Bellocchio con Bella addormentata: il primo su un delitto di mafia, il secondo sull'eutanasia e chiaramente ispirato alla vicenda Englaro, hanno in comune l'impegno come cifra etica ed estetica, ma anche il protagonista, Toni Servillo. A loro si aggiunge, inaspettata, Francesca Comencini con Un giorno speciale. Anche qui non manca l'impegno, sebbene lo sforzo produttivo sia decisamente minore rispetto ai colleghi: girato in primavera con pochissimi mezzi, è il racconto di un amore di un giorno tra un'aspirante attrice e il giovanissimo autista di un politico. Lei è destinata dalla madre arrivista a dover ingraziarsi il politico, ma i continui ritardi del "potente" avvicineranno i due ragazzi. Un racconto attualissimo, che sembra percorrere il sentiero di protesta del movimento Se non ora quando - di cui la cineasta fa parte- con un melodramma romantico.

Ci sono, poi, due grandi assi della cinematografia mondiale, quelli che nel calcio chiameremmo top player: un erotico Brian De Palma e un Terrence Malick alle prese con un triangolo d'amore e accanto a loro, una squadra solida formata dal risorto Kim Ki-Duk e da Assayas (sul pre 1968), Kitano (gangster movie), Korine (che provocatoriamente prende delle teen idol figlie della factory Disney, da Selena Gomez a Vanessa Hudgens, e le fa travolgere da una vita spericolata, tra orge e rapine in bikini). E andando fuori concorso trovi Demme sulla musica napoletana, Spike Lee su Michael Jackson, Vicari con La nave dolce (tutti documentari) ma anche i "sicuri" Redford e Bier, che non deludono (quasi) mai. L'intervallo di Di Costanzo e Gli equilibristi di De Matteo trovano spazio in Orizzonti, meno esasperatamente sperimentale, almeno in apparenza, rispetto al passato e più vicino al Certain Regard cannense. Sembrano, infine, interessanti, anche le scommesse sui nomi meno noti o le scoperte, sulle quali Barbera ha sempre mostrato grande intuito. Quello proposto in queste righe, insomma, è solo uno sguardo, che però ci dice qualcosa di Venezia 69.

Barbera, infatti, non rinuncia allo champagne: ci sono le bollicine assicurate da un plotone di attori che non saranno superdivi ma di sicuro sono volti conosciuti e amati, c'è il cinema impegnato, c'è quello pop e popolare. Un programma tanto "quadrato" che, forse, l'unico difetto che gli si può affibbiare è proprio quello d'essere un po' furbo, disegnato con cura per non avere falle e con un occhio troppo benevolo alle puntate sicure di ogni grande rassegna: si pensi al bluff Brilliante Mendoza che da anni gira ogni grande festival portando il suo cinema ricattatorio e mediocre come fosse il Vangelo. Barbera non resiste e gli dà ospitalità, perché a certi "nomi da festival", in fondo, non si può dir di no. Controllando le trame, partendo da De Palma per finire a Korine - ma non solo - c'è anche la giusta dose di sesso e trame pruriginose. Un direttore, in fondo, è un cuoco, e nella sua cucina con i suoi collaboratori deve usare anche gli ingredienti più ovvi e magari allungare qualche sugo con la panna. Ovvio, però, che dovremo assaggiare tutto il menu per scoprire se sarà valsa la pena di sedersi alla tavola della nuova Mostra di Venezia. Quello che possiamo dirvi per ora, però, è che l'aspetto dei piatti e il loro profumo non sembrano affatto male.

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