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Questo articolo è stato pubblicato il 05 agosto 2012 alle ore 08:16.

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È impossibile, leggendo L'amore in un clima freddo, non pensare alla vita della sua autrice. Non perché il libro sia autobiografico, come lo è, romanticamente e spiritosamente, Inseguendo l'amore scritto quattro anni prima, nel 1945, ma perché, a differenza di molti cantori dell'aristocrazia e della upper class inglese, Nancy Mitford sa bene di cosa sta parlando. Delle celebri e temibili sorelle Mitford, Nancy era una delle più equilibrate. Non si era consegnata docilmente al mondo di provenienza come Pamela e come Deborah, che però della sua aristocratica mansion aveva fatto un business per turisti in cerca di nobiltà doc, ma non si era neppure sparata un colpo in testa disperata per il conflitto tra Inghilterra e Germania come Unity, intima amica del Fuhrer, né era fuggita in Spagna durante la guerra civile per diventare poi una comunista americana come Jessica, e non si era sposata con il capo dei fascisti inglesi Oswald Mosley come la bellissima Diana, con tanto di Goebbels testimone di nozze. No, Nancy era diventata semplicemente una scrittrice, per vocazione e per sbarcare il lunario quando suo marito, il baronetto Peter Rodd, si era rivelato inabile alla fedeltà coniugale come al mantenimento della famiglia. Primogenita delle sei ragazze del burbero e distratto Lord Redesdale – che insieme alla moglie apparteneva a quella schiera di nobili inglesi che consideravano Hitler una simpatica e brava persona – era nata nel 1904 e con le sorelle era stata educata in casa, cioè nella squinternata magione familiare di Swinbrook House, i cui fasti e nefasti avrebbe racconto Jessica, detta Decca dai suoi amici americani, in un libro ironico e commovente, Figlie e ribelli.
Quando comincia a scrivere professionalmente, soprattutto dopo la separazione dal deludente marito nel 1939, la bella e aristocratica Nancy sa benissimo dove pescare le sue storie e i suoi personaggi: basta guardare nell'album di famiglia e nello specchio della vita che lei stessa conduce, tra trame nobiliari e tresche politiche, culto delle manners e un'eccentricità che oscilla sempre tra il comico e il tragico. Tanto più che presto diventa una go-between tra lo chic inglese e quello francese, non per soldi stavolta ma per amore: durante la guerra ha conosciuto un membro dello staff di De Gaulle a Londra, il colonnello Gaston Palewski, e a conflitto finito, per stargli vicino, si trasferisce a Parigi. Palewski è il modello del romantico Fabrice di Inseguendo l'amore, e seppure lasciandosi amare più che amando (e infine convolando a nozze con una nobildonna francese ancor più prestigiosa di Nancy) le rimase vicino tutta la vita, mentre lei teneva un affollatissimo salotto nel suo appartamento della rue Monsieur – Evelyn Waugh era tra gli ospiti più stabili – dove sfoggiava abiti impeccabilmente tagliati e in genere firmati da Dior e Lanvin.
Ma Nancy Mitford non era semplicemente un'aristocratica prestata alla scrittura né un paio di belle mani sottratte alla cerimonia del té per zappare sui tasti della macchina da scrivere: era una vera scrittrice. Determinata a dilettare i suoi lettori – nell'ambito, ai suoi tempi onorevolmente rappresentato, di una letteratura di intrattenimento consapevole e disciplinata – con commedie di costume "dal vero", sapeva miscelare con accurato dosaggio ironia e satira, realismo e favola, indulgenza e ferocia. Come nel caso degli amori ridicoli della famiglia del conte Montdore, uomo squisito con una esuberante efficiente e inesorabilmente villana consorte e con una figlia che, pur essendo la più bella del reame, è annoiata e noiosa, come dice sua madre, e incomprensibilmente refrattaria alle lusinghe matrimoniali. Almeno fino a quando entra in scena uno zio che è un fatuo e attempato erudito con due hobby: il ricamo e le molestie alle ragazzine. Tutta la prima parte del romanzo è una girandola di equivoci mondani e amorosi fino a un matrimonio del tutto sconveniente che introduce la seconda parte della storia, ancora più sconveniente, dove campeggia un ambiguo erede del titolo e del patrimonio di famiglia e ogni personaggio di trasforma nel suo gemello segreto e abietto.
A un certo punto della sua vita la signora Mitford – che nel corso degli anni sarebbe diventata Ufficiale della Legion d'onore e Commader dell'Impero Britannico e giornalista mondana e biografa di successo di Luigi XIV, di Voltaire e di Madame de Pompadour – si era divertita a partecipare a una sorta di colto gioco sulla lingua della upper class, quel modo di parlare dei ricchi altolocati che contribuiva a mantenere un sistema castale nella società inglese, stabilendo cosa fosse "in" e cosa fosse "out". Una traccia seducente di questo gioco appare nel linguaggio (molto ben tradotto in italiano da Silvia Pareschi) dei suoi protagonisti Montdore e di tutta la loro vasta rete familiare e amicale: L'amore in un clima freddo è una "conversation piece", una lunga intrigante umoristica agrodolce scena di conversazione, di quel genere in cui la pittura inglese era specializzata, alla quale fin dalle prime pagine il lettore ha l'impressione di partecipare.
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Nancy Mitford, L'amore in un clima freddo, traduzione di Silvia Pareschi,
Adelphi, Milano, pagg. 280, € 18,00

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