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Questo articolo è stato pubblicato il 05 agosto 2012 alle ore 15:23.

Si sente piú sicuro dopo tanti anni di carriera?
Sí, ma per un altro motivo, non per l'esperienza. Quando iniziai a girare film, a diciassette anni, avevo la più grossa macchina da presa che abbia mai usato, ora sono molto piccole e per questo ci si sente meno potenti. Tutt'altra sensazione, invece, vivi quando scopri il cinema e sei piccolo, perché film non sono sogni, è la proiezione ad esserlo. È un'esperienza molto forte per un bambino scoprire il cinema: sei solo in una sala buia, con gente che non conosci e dietro a te c'è la macchina da presa che proietta su un grande schermo. Ora che sono adulto e regista, quest'esperienza è ancora diversa. Penso molto agli spettatori, fin dal montaggio, tanto che quando il film esce in sala per la prima volta mi sento come se cercassi degli spettatori che sono assenti: come se qualcuno tra il pubblico mancasse all'appello

Non manca praticamente mai all'appello il suo attore feticcio, Denis Lavant. Cosa vi lega?
Ho fatto cinque film con Denis Lavant, ma in realtà non lo conosco veramente. Quando lavoravo al mio primo lungometraggio ho visto delle sue foto e l'ho chiamato. È molto particolare fisicamente e io non ero sicuro della mia scelta, ma dopo aver girato il primo film mi sono reso conto di non aver sfruttato il suo potenziale: so che potrei chiedergli qualsiasi cosa a livello fisico, e credo che lavorando con me sia arrivato a tentare molte esperienze nuove. Insomma, non siamo amici, ma mi è indispensabile

E cosa l'ha spinta a far esordire una superstar come Kylie Minogue?
Incontrare Kylie Minogue è stato un miracolo. È così pura: è come una bambina che canta dalla gioia sotto la doccia. Una fata.

Alcuni la definiscono coraggioso, altri incosciente. Lei a chi dà ragione?
Se ripenso alla mia infanzia non mi sento una persona sicura di sé, ma fin da quando ero piccolo mi sembrava di sentire una voce dentro di me che mi spingeva a vivere la mia storia. Forse è questo l'inizio del coraggio. Quel che m'inquieta del mondo di oggi è proprio che non ha coraggio, nella sua accezione sia civica che politica. Bisognerebbe insegnarlo a scuola. Il mondo virtuale non ci aiuta certo ad averlo: uno si sente sicuro perché può nascondersi. Anche al cinema non devi aiutarti col computer, devi accettare la sfida della pellicola, del suo costo e del suo essere preziosa e unica. Bisogna ricreare il rischio tramite un lavoro collegiale.

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