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Questo articolo è stato pubblicato il 05 agosto 2012 alle ore 08:17.

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C'era una volta un palcoscenico con Capocomico, alcuni attori in scena impegnati in un dramma da rappresentare, e la cui trama era annunziata: ma gli attori si rifiutavano di rappresentarla... Si tratta del celebre dramma Sei personaggi in cerca d'autore (1921) di Luigi Pirandello – risponderanno subito i nostri lettori!
No, cari lettori, avete sbagliato: si tratta delle "scene comiche" di Ippolito Lorenzini (1842-1923), dal titolo Un brillante perduto, atto unico stampato a Firenze dal tipografo editore Eduardo Ducci nel 1865. L'autore, i lettori lo avranno intuito, era il più giovane dei fratelli di Carlo Lorenzini alias Collodi (1826-1890), che nel 1883 sarebbe diventato il padre di Pinocchio, ma in gioventù era reputato da pubblico, attori e una scelta minoranza di critici, uno dei commediografi più nuovi del suo tempo.
Come Ippolito, l'altro fratello maschio Paolo (1829-1891) cercò d'imitare Carlo. Scrisse la pièce Una stazione di strada ferrata; ma divenuto presto uomo di fiducia dei Marchesi Ginori, guidò la manifattura delle porcellane di Doccia a incrementare vendite ed esportazioni, e la famiglia Lorenzini ad acquistare benessere e rispettabilità. Il minore prese lo pseudonimo speculare di Ippolito Cortona (città d'origine del padre dei Lorenzini), ma non sfondò, anche perché ebbe in sorte di diventare padre del Collodi Nipote (Paolo Lorenzini, 1876-1958), noto biografo dello zio Carlo e inventore di Sussi e Biribissi e del loro spassoso viaggio nel centro delle fogne di Firenze. Ippolito è dal figlio stesso presentato un pò inetto, con moglie e folta prole da mantenere. Spesso s'affannò a batter cassa dai fratelli maggiori, a scrivere versi, favole e altro di valore non eccelso. Compilò pure il giornale fiorentino per bambini «Il Collodi», dove nel 1908 si attaccavano i "romanzacci" di Emilio Salgari, proponendo in alternativa Pinocchio e le altre opere di Collodi. Insomma un letterato della Toscanina teso a campare con l'impresa familiare dal nome in ascesa: Collodi.
Eppure... come nelle Avventure di Pinocchio, anche nella storia ritenuta scontata della premiata ditta Lorenzini c'è sempre "un ma". Forse Ippolito non fu sempre il modesto uomo di lettere di cui si parla; forse ebbe anche lui genio e fama a cui non riuscì a essere pari in una vita spesa nella precarietà.
Un brillante perduto presenta fra gli "Attori in Commedia" appunto Il Capocomico, Il Brillante, L'Amoroso, L'Amorosa e, "Fuori di Commedia", Due Voci di Platea e Un Caporchestra – in teatro per un dramma che tarda a iniziare perché "il sig. Brillante" non si trova. Questi all'improvviso esce fuori e comincia ad interloquire con la prima, la seconda Voce e il Capocomico. Ne nasce, a partire dal titolo, tutta una serie di equivoci e dialoghi farseschi anche con gli altri attori: se il "Brillante" è perduto, perché "il sig. Brillante" dovrebbe mai entrare in scena? Tutti hanno qualcosa da ridire, mentre la pièce che dovrebbe parlare d'un anello perduto e di un amore contrastato, è annunciata ma non può essere rappresentata per i dinieghi e le continue interruzioni: ora la "servetta" indugia troppo, ora manca il suggeritore. Né può essere sostituita con altro, perché gli attori non usano "Recitare a soggetto". Se la conclusione è un pò in calando – il Brillante non sapendo più cosa fare recita una poesia satirica sulla politica –, è l'aria alla Luigi Pirandello (1867-1936) avant la lettre che colpisce.
Non si conosceva prima della Francesca da Rimini di Antonio Petito (1822-1876) un nostro teatro di prosa ottocentesco di tal genere, in cui si scivola di continuo nel metateatro e nell'assurdo, come appunto accadrà, con altra grandezza e articolazione drammatica e letteraria, nei Sei personaggi in cerca d'autore.
Pirandello conosceva questa pièce? Il fatto che alcune commedie d'Ippolito figurino nella Raccolta Salfi (probabilmente di Augusto Salfi, avvocato e filodrammatico) della Biblioteca Civica di Cosenza, insieme a una copia rara degli Amici di casa di Collodi, dice quanto le opere dei Lorenzini avessero al tempo "le gambe lunghe"... C'è poi una coincidenza: la "servetta". Quella della pièce di Ippolito è lenta, quella di Pirandello è invece una "servetta sveltissima": la Fantasia, come si legge nella prefazione del 1925 al suo dramma. Il futuro di Pirandello aveva un cuore così antico? Agli studiosi l'ardua sentenza.
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