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Questo articolo è stato pubblicato il 05 agosto 2012 alle ore 08:18.

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Sono raccolti, in questo pregevole volume e divertente, alcuni testi particolarmente rappresentativi di semiotica della cucina, dell'alimentazione, della commensalità e del gusto. Vi si possono leggere saggi di grandi antropologi come Lévi Strauss, Mary Douglas e Jack Goody, per poi passare a quelli di eminenti semiologi come Greimas, Jacobson, Barthes, Bastide, Fabbri. Tutti i saggi insistono sul rapporto fondativo tra cibo e linguaggio. Nella prima parte del volume, «Sistemi e processi culturali», sono pubblicati scritti che mappano il rapporto tra modelli gastronomici e costruzioni sociali di identità. Come insegna Lévi Strauss non c'è nulla di naturale nel modo in cui ogni società concepisce la cottura dei cibi. Tutto passa per la cultura, e le stesse qualità dei cibi – i loro odori, sapori, apparenze – si costituiscono più in base a valori condivisi che a funzioni nutritive. Lo stesso Lévi Strauss descrive le relazioni tra ordine cosmico e sociale da una parte e regole dietetiche e di cottura dall'altra.
Mary Douglas investiga la dieta della famiglia operaia inglese, scorgendo sotto la superficiale povertà concettuale della medesima un intrigo di ragioni profonde. Le medesime categorie sociali appaiono in questo modo come derivate dal modo di amministrare il cibo in famiglia. Dallo schema relazionale presente nel menu quotidiano si possono ricavare non solo la struttura sociale della famiglia e della società, ma anche il carattere delle persone e il loro comportamento alimentare.
Nella seconda parte del libro, «Forme testuali», la grammatica del gusto, della cucina e della convivialità viene accostata in maniera più direttamente semiotica. Si può leggere un pasto come un testo? Ovviamente, gli autori del volume sono propensi a credere di si, e costruiscono gli abbinamenti tra cibi – che fanno il pasto – come nessi sintattici e grammaticali. Decostruendo e ricostruendo questi nessi, le relazioni sociali sottostanti vengono alla luce a cominciare dalla rigida separazione tra preparazione e consumo, la scelta di ciò che è commestibile, la natura dei tabù alimentari e via di seguito. Tutto ciò rappresenta una premessa indispensabile per potere parlare seriamente di gusto, e intraprendere la via di un'estetica del cibo. C'è poco dubbio, per quel che credo, che riflettiamo poco sulla struttura profonda dell'alimentazione. Dopotutto, introiettiamo il cibo, lo mettiamo per così dire dentro per diventare parte di noi. Questo volume collettaneo rappresenta un contributo interessante per procedere in questa direzione di indagine. Forse, lo sguardo d'assieme che offre è troppo influenzato dal costruttivismo sociale e il cibo risulta troppo simile a un testo per non risultare alla fine dei conti un po' indigesto...
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La cucina del senso: gusto, significazione, testualità, a cura di Gianfranco Marrone e Alice Giannitrapani, Mimesis, Milano-Udine, pagg. 370, € 28,00

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