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Questo articolo è stato pubblicato il 12 agosto 2012 alle ore 08:21.
Era il 1782 quando il figlio di Caterina la Grande, il futuro zar Paolo I, e la moglie Maria, nel loro viaggio in incognito attraverso l'Europa sotto il trasparente pseudonimo di Conti del Nord, furono ricevuti con ogni onore alla Reggia di Venaria da Vittorio Amedeo III, che rinsaldava così i recenti rapporti diplomatici fra la potentissima Russia e il suo piccolo ma ambizioso regno.
Da allora ci sarebbero state altre visite e incontri tra le due casate, culminati nell'incoronazione a Mosca dell'ultimo zar, Nicola II, a cui partecipò uno stupefatto principe ereditario Vittorio Emanuele III («tutte le feste erano immense, grandiose oltre ogni dire. Un vero regno delle fate»), che lì conobbe la futura moglie, la splendente Elena del Montenegro.
La mostra su Carl Fabergé da poco inaugurata alla Reggia di Venaria, riallaccia questi fili con un'evidenza lampante: espone infatti, proprio nella residenza in cui i Savoia ricevettero più d'uno zarevic, oltre 350 pezzi di altissima oreficeria, in gran parte creati per Alessandro III e Nicola II – gli ultimi zar – dal più famoso e influente gioielliere di Russia. O forse d'Europa, visto che arrivò ad avere alle dipendenze 500 artigiani-artisti, ebbe filiali a Mosca, Odessa, Kiev e Londra, e fu gioielliere di corte di molte case reali europee oltreché di quella dell'esotico Siam.
La storia raccontata dalla mostra è una storia di sfarzo e di amori coniugali (le due coppie imperiali erano solidissime, evento piuttosto raro in tempi di matrimoni combinati) ma anche di atroci fatti di sangue (come è noto, Nicola II fu trucidato dai bolscevichi nel 1918, con l'intera famiglia), che tuttavia non spengono lo splendore, la qualità artistica e la perfezione tecnica di questi oggetti che tra l'800 e il '900 conquistarono teste coronate e tycoon del mondo intero: una delle celebri Uova pasquali in mostra fu creata infatti per l'americana Consuelo Vanderbildt (per breve tempo duchessa di Marlborough); due per dei magnati minerari russi. Ma la grande maggioranza fu realizzata per i Romanov e la loro cerchia, i massimi committenti di Fabergé.
Riuniti nel '900 da Malcolm Forbes, i preziosi furono acquistati nel 2004 da Viktor Vekselberg per la sua The Link of Times Cultural and Historical Foundation, votata a riportare in patria i capolavori russi dispersi. Di qui, insieme ad altri pezzi acquisiti in seguito, ora giungono in questa mostra che può esibire ben 13 Uova pasquali di Carl Fabergé (i suoi capolavori: per ognuna, un anno di lavoro), nove delle quali imperiali: un vero coup-de-théâtre, con cui si chiude un percorso che rievoca tanto lo splendore della corte dei Romanov quanto il magistero della Fabbrica Fabergé.