Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 12 agosto 2012 alle ore 08:19.

My24

Marco Innocenti riscopre il fascismo da una particolare angolazione, quella degli "altri". Sono "loro", gli altri rispetto a "Lui", il duce. Una classe politica spregiudicata e gagliarda: Ciano, Grandi, Balbo, Starace, Farinacci, De Vecchi, Bocchini e Graziani. Non sono molto amati dagli italiani, anzi. La gente si eccita con le imprese sportive dei più popolari Meazza, Nuvolari, Carnera, Binda e Bartali. Per Innocenti, tuttavia, "loro" rappresentavano una classe politica, che, sebbene provinciale, era solida e professionale, "non eccessivamente ladra e più affidabile" rispetto all'attuale.
Pochi di loro erano colti. Sicuramente Dino Grandi e Giuseppe Bottai, che si macchiò atrocemente con l'adesione alle leggi razziali. Dopo la guerra, Alberto Savinio, interrogandosi sul disastro morale e militare dell'aggressione di Mussolini alla Grecia, si domandava ironicamente: «Quali sono i libri preferiti del maresciallo Badoglio?» Proprio con il Maresciallo, marchese del Sabotino e duca di Addis Abeba, il fascismo mostrava le sue velleità imperialistiche, segnate dalla vetusta élite dello Stato sabaudo, un po' troppo anziana per affrontare una guerra. Ma anche la Francia nella Seconda guerra mondiale era guidata dagli attempati Maurice Gustave Gamelin e Maxime Weygand, per non parlare dell'orribile Henri-Philippe-Omer Pétain, riesumato con tutti gli onori dopo la sconfitta.
Grazie a Marco Innocenti, studioso di storia contemporanea e scrittore elegante, già caporedattore di questo giornale, abbiamo oggi radunate le biografie degli uomini che interpretarono le diverse anime del "ventennio" e che con Mussolini ebbero un rapporto mutevole, cominciato con una dedizione assoluta, ma ammorbiditosi dopo l'entrata in guerra.
I cammei che Innocenti dedica ai "dimenticati" del fascismo sono preziosi. Tra questi c'è il Maresciallo d'Italia e conte Ugo Cavallero, un personaggio che provoca ancora accese polemiche, poco studiato, misconosciuto, collocato dagli studiosi in un andito buio della storia del Novecento, ingiustamente. Il Maresciallo, capo di Stato maggiore generale dal 1940 al 1943, incarnò l'onore militare, un certo stile sabaudo e una certa signorilità subalpina. Nel dicembre 1940, ereditò la guerra del duce, iniziata passivamente dal maresciallo Badoglio. Cavallero si trovò di fronte a un teatro di guerra che non poteva controllare: Russia e Africa, come prima la Grecia e i Balcani, erano campagne militari condizionate dagli isterismi di Hitler e dalle scelte spesso avventate dell'Alto comando tedesco. Il conte si trovò in disaccordo con le scelte di Rommel e fu abbandonato dai condottieri della macchina da guerra nazista, nonostante fosse ammirato dal Generalfeldmarschall Albert Kesselring. Il 1943 fu l'anno fatale per l'Italia. Cavallero, per il fascismo, era un facile capro espiatorio per la caduta di Tripoli e con un colpo di scena, il 1° febbraio 1943, fu sostituito dal generale Ambrosio. Dopo il 25 luglio, Cavallero fu incarcerato da Badoglio, che poi scappò con il re. Dopo la "liberazione" di Forte Boccea, Cavallero rimase solo in mano ai tedeschi, che gli offrirono il comando delle forze armate della nascente repubblica fascista di Salò. Cavallero rifiutò per non essere complice di una guerra civile. Rivide per poco la moglie, la contessa Olga Grillo, e il generale Caviglia. Poi fu "suicidato" dai tedeschi, ritrovato morto per un colpo di P38, il 14 settembre 1943, nel giardino dell'albergo Belvedere o Park Hotel di Frascati, all'indomani di una cena e di un colloquio con il Feldmaresciallo Kesselring.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Marco Innocenti, Lui e loro.
Mussolini e i suoi gerarchi,
Mursia, Milano, pagg. 320, € 17,00

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi