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Questo articolo è stato pubblicato il 12 agosto 2012 alle ore 08:20.

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Renzi non trema. Ha un'illimitata fiducia in sé, nei fiorentini e negli esseri umani: in quest'ordine. A giudicare da Stil novo, questa fiducia si fonda soprattutto sulle parole d'ordine dell'infantilismo corrente - Emozioni, Sogni, Eventi - e su slogan farlocchi come (poteva mancare?) Stay hungry, stay foolish. «La vera distinzione per il futuro dell'Italia - scrive - è quella tra coraggiosi e vili». La mia opinione è invece che la vera distinzione - anche questa trasversale e prepolitica, proprio come quella tra coraggiosi e vili - sia tra adulti e bambini: intendendo per adulti quelle persone che meditano su quello che dicono e scrivono, diffidano della società dello spettacolo e dei suoi cascami (gli eventi, la Commedia di Dante «proclamata» nelle piazze), delegano a persone competenti, rifiutano di credere che esista un mondo di buoni da una parte (se stessi e i propri amici) e, dall'altra, un mondo di reazionari con la desinenza in -one. E intendendo per bambini quelle persone che hanno un'opinione su tutto, non ascoltano quelle degli altri e si affidano a scorciatoie demenziali come «la distinzione tra coraggiosi e vili».
Ciò detto sulle idee che contiene, va solo aggiunto che anche il linguaggio di Stil novo è il linguaggio medio della conversazione da spiaggia, con quel tono da «si fa pe' scherza'», quella toscanità caricaturale che anche nei comici veri, come Benigni, suona spesso imbarazzante (un encomio agli sceneggiatori di Boris, che hanno saputo fermare l'attimo: «… perché con quella c aspirata e quel senso dell'umorismo da quattro soldi, i toscani hanno devastato questo Paese»). Non si finirebbe più di citare, ma ecco per esempio che «Dante era uno ganzo» (e non il parruccone che ci ha descritto la «pubblica istruzione», facendocelo odiare); ecco, in dittico con Dante, l'arzillo «Ginettaccio Bartali» e il suo «Gli è tutto sbagliato, gli è tutto da rifare»; ecco il detto popolare sempre calzante: «Senza lilleri non si lallera»; ecco la definizione spiccia, antilibresca: «Ma Cellini era uno sparaballe mica da ridere»; ecco, vera perla da bar, lo Stato personificato: «Bene. Io, Stato, ti vengo incontro». Prevedibilmente, Il rovescio di questo registro basso-colloquiale è il sublime, o il sublime andato storto, cioè il kitsch: «Firenze è anche questo. Un insieme di attimi che si fanno eternità».
Stil novo contiene i pensieri di un italiano come tanti, articolati nel modo in cui tanti li articolerebbero, e non ci sarebbe niente di male, in questa media sociologica, se Matteo Renzi non aspirasse a dirigere il maggiore partito italiano e, coll'occasione, l'Italia. Se l'impresa gli riuscirà, si realizzerà questo interessante paradosso: andrà al governo, sotto le insegne di un partito di sinistra, un uomo che - come la tradizione della sinistra vuole - fa della cultura uno dei pilastri del suo programma politico, ma che, per le cose che scrive e per il modo in cui le scrive, non sembra avere alcuna dimestichezza coi libri, né con ciò che i libri insegnano veramente. Ben scavato, vecchia talpa.
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Matteo Renzi, Stil novo. La rivoluzione della bellezza tra Dante e Twitter, Rizzoli, Milano, pagg. 192, € 15,00

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