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Questo articolo è stato pubblicato il 12 agosto 2012 alle ore 08:17.

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In una seconda fase, che inizia 7.500 anni fa nel vicino oriente, 4.000 anni fa in Perù e 3.000 anni fa in Messico, le élite privilegiate si organizzano attivamente per stabilizzare e rendere ereditari i propri poteri. È la fase in cui le razzie fra villaggi evolvono in guerre di conquista, la religiosità si riorganizza e, secondo i nostri autori, la casa degli uomini evolve nel tempio, luogo specificamente dedicato al culto di una divinità maggiore che legittima i privilegi. Diverse società oscillano tra fasi in cui un'elite prevale e accentra il potere, e fasi in cui la maggioranza ristabilisce valori di eguaglianza. I Konyak Naga nelle montagne dell'Assam, fra l'India e il Bhutan, per esempio, sono stati osservati oscillare ciclicamente fra una struttura più egualitaria basata sul riconoscimento del merito individuale, chiamata thenkoh, e una basata sul rango, con capi ereditari, chiamata thendu.
Questi brevi cenni non rendono giustizia alla strepitosa ricchezza di vivide descrizioni di vita di popoli in ogni immaginabile parte del mondo, presentate nel libro. Feste dove non si può fare a meno, per buon augurio, di una razzia al villaggio vicino per tagliare un po' di teste (usanza apparentemente molto diffusa)… Sfide di doni incrociati per acquistare prestigio (io ti regalo un maiale, tu me ne regali due, io te ne regalo tre…) fino al punto in cui chi non riesce più a sdebitarsi si sottomette a una forma di servitù… Il libro è un evento importante per la conoscenza di noi stessi, ma anche una miniera di storie affascinanti. Un libro da non perdere per chi sia curioso del percorso antico che ci ha portato a essere quelli che siamo oggi; mi auguro sia presto pubblicato in italiano.
Certo, non possiamo voler troppo leggere nei risultati di una ricerca che è in corso. Ma è difficile resistere al fascino dell'idea di un lunghissimo periodo egalitario nella storia dell'umanità. La spinta verso una società dove l'ineguaglianza sia tenuta a freno è profondamente radicata nella nostra civiltà, fino dalle epiche cacciate dei re del periodo greco e romano arcaico. Nella prima repubblica romana, le leggi Licinie Sestie proposte nel 367 aev limitavano la quantità di ricchezza (terreni e bestiame) che i patrizi più ricchi potessero possedere. Il desiderio di eguaglianza ha segnato la crescita del mondo moderno: dall'abolizione della schiavitù all'abolizione dei privilegi dei nobili e del clero nel Settecento, fino all'idea moderna di democrazia, dove ogni voto conta eguale. Il recente insuccesso storico del socialismo reale ha fermato questa spinta, e oggi, appena velato dalla retorica pro-democratica, assistiamo in ogni parte del pianeta a un radicalizzarsi quasi feroce della disuguaglianza: la distribuzione della ricchezza si sta sempre più sbilanciando in tutti i Paesi, e cresce nel mondo un'élite di ricchissimi che concentra il potere. L'ideale ottocentesco e novecentesco di eguaglianza, ancora vivissimo pochi decenni fa, appare oggi sfocato e irriso. Forse è solo un'oscillazione, come quelle dei Konyak Naga delle montagne dell'Assam: nei nostri geni culturali profondi ci sono probabilmente decine di millenni di una società certo non ideale, ma dove le risorse venivano ridistribuite. Dove tutti gli uomini e le donne erano considerati eguali.
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Kent Flannery, Joyce Marcus,
The Creation of Inequality: How Our Prehistoric Ancestors Set the Stage for Monarchy, Slavery, and Empire, Harvard University Press, Londra, pagg. 648, € 36,00
Jean-Jacques Rousseau,
Discorso sull'origine e i fondamenti dell'ineguaglianza tra gli uomini, Editori Riuniti, Roma, pagg. 230, € 14,00

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