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Questo articolo è stato pubblicato il 22 agosto 2012 alle ore 07:40.

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Salta fuori che la metà dei liceali tedeschi non sa che Adolf Hitler era un dittatore. Un terzo di loro pensa fosse, anzi, uno strenuo difensore dei diritti umani, una specie di Gino Strada coi baffetti. È una ricerca seria, condotta dalla Freie Universität di Berlino attraverso 7.400 interviste a studenti dei cinque maggiori Länder. In Germania gli è preso a tutti un colpo: «Possibile che i nostri ragazzi siano così bestie?».

Senz'altro sì, è possibile. Ma le domande giuste erano altre. Per esempio: com'è che noi genitori non siamo stati capaci di ficcargli in testa nulla? Oppure: ma che diavolo gli insegnano a scuola? Tanto è vero che il responsabile del sondaggio – il professore di Scienze politiche Klaus Schroeder – un dubbio se l'è fatto venire: «Forse dovremmo aumentare le lezioni di storia contemporanea e diminuire lo studio di altre epoche».

Ci si sta avvicinando al cuore del problema. Si presume infatti che in Germania, come in Italia (a parte gli imbarazzi dei tedeschi nel parlare del loro Führer), i genitori siano distratti o a loro volta ignoranti, mentre i professori siano tutti pozzi di scienza incapaci di parlare al cuore. Se ci danno dentro con Hitler, la Shoah e il nazismo, di sicuro non lo fanno (anche) attraverso George Orwell, Arthur Koestler, Jorge Semprún o, per farla breve, attraverso Vasilij Grossman: tutti noi conteremmo sulle dita di una mano i conoscenti che abbiamo letto il suo Vita e destino, una specie di Divina Commedia del Novecento (copyright Giampiero Mughini).

Quanti docenti di storia si saranno imbattuti in quel romanzo che è la pelle sanguinante del secolo delle idee assassine? Perché sarebbero bastate due dita di testa per fotocopiare la dozzina di pagine (capitolo diciotto) di cui è costituita la lettera che Anna Semerova, ebrea ucraina, scrive al figlio Viktor Strum. Sono i mesi dell'assedio di Stalingrado. La lettera comincia così: «Viktor caro, per quanto mi trovi oltre la linea del fronte e dietro il filo spinato di un ghetto ebraico, sono convinta che questa mia lettera giungerà fino a te. Non riceverò la tua risposta, invece, perché non ci sarò più».

E finisce così: «Viktor, mio caro… È l'ultima riga dell'ultima lettera che ti scrive tua madre. Vivi, vivi per sempre… Mamma». Basterebbero queste dodici raggelanti pagine, basterebbe leggerle e farle leggere, per farsi un'idea viscerale della Shoah e di chi fosse Hitler. Se si legge tutto il libro ci si fa un'idea precisa anche di chi fosse Stalin, così, per evitarsi la prossima sorpresa.

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