Dare corpo all'invisibile

Lontano dagli occhi, lontano dal cuore. Ma quali occhi? Se a parlare è un mistico, vi dirà che l'invisibile si scorge con gli occhi dell'anima, mentre quelli della carne sono fatti per vedere il mondo grossolano della realtà materiale. Solo chi sa chiudere gli occhi corporali può descrivere il mistero divino. La visione, che raccoglie gli atti di un convegno tenuto alla Fondazione Cini, è un atlante di questa geografia a occhi chiusi. Dalla tradizione esoterica musulmana a quella ebraica, dai trattati devozionali del Medioevo cristiano alle dissertazioni di età barocca, e fino a Jung e a Rothko, un ampio inventario transculturale raccoglie intuizioni, emozioni e delusioni di chi si è avventurato nei colori della mente.
Ma si sa che la mistica gioca col paradosso. Se da un lato nega l'immagine concreta per sostituirla con quella della contemplazione interiore, dall'altro lotta per dar rilievo alle forme del cuore. Diagrammi di luce, alberi sefirotici, scale che s'inerpicano dai dolori terreni verso il cielo: il patrimonio delle visioni immateriali che, nei secoli, sono state affidate alla carta e all'inchiostro è ancora in buona parte da scoprire. Con tutti i rischi del caso. I mistici che hanno voluto "rimaterializzare" l'invisibile, hanno trovato spesso guai a non finire. Per esempio gli Hurufi, la setta musulmana che scorgeva corrispondenze tra i lineamenti e le lettere dell'alfabeto sacro, quello arabo, tanto decifrare i volti come un'arcana scrittura, una sorta di Corano muto. Fadlallah di Astrabad, il fondatore del movimento, fu giustiziato come eretico nel 1394, per ordine di un figlio di Tamerlano. Così come era finita sul rogo, nel 1310, Marguerite Porete, beghina francese e autrice di un manuale visivo che insegna il ritorno al divino. E adesso chiudete gli occhi, se potete.
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La visione, a cura di Francesco Zambon, Medusa, Milano, pagg. 228, € 38,00