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Questo articolo è stato pubblicato il 26 agosto 2012 alle ore 08:20.

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Ma dov'era la vecchia Stazione Centrale di Milano, prima del 1931? Oltrepassata la linea dei Bastioni, dove era il cavalcavia creato da Balzaretto, già artefice dei Giardini di Porta Venezia e di Palazzo Poldi Pezzoli (Montenapoleone), era la piazza della Stazione Centrale eretta tra 1857 e 1864 sul progetto di Bouchot nello stile del Rinascimento francese: tutto il servizio ferroviario prima diviso fra le stazioni di Porta Nuova e Porta Vittoria venne qui convogliato il 5 maggio 1864. E parve al tempo opera grandiosa la tettoia di ferro e vetri lunga oltre 230 metri e larga 41.
In via Turati (allora corso Principe Umberto), dove oggi la Ca' Brutta, dal 1882 era il deposito e scuderia per i tram a cavalli, dismessi ai primi anni del Novecento: un denso afrore di stallatico pervadeva l'elegante via. Alla stazione dei treni si saliva per due viali rampanti che racchiudevano una conca verde dove nel 1918 si voleva erigere un monumento ai caduti della Grande Guerra, ma ogni progetto venne fermato: la sistemazione della nuova rete ferroviaria richiedeva di spostare la vecchia stazione e dare nuovo assetto della piazza. Con decisione governativa, la stazione andava abbattuta per creare l'attuale piazza della Repubblica: uguale sorte toccava ai Bastioni e all'allora attivo viadotto ferroviario. L'apertura del nuovo tracciato di via Vittor Pisani, la costruzione della nuova Stazione Centrale e dei palazzi intorno, cancellarono il quartiere umbertino preesistente, tutto a ville e giardini, com'è ancor oggi via XX Settembre. Non mancò chi avrebbe voluto arrestare gli sventramenti in atto, rendendosi conto che con l'abbattimento dei bastioni e del cavalcavia la città perdeva la possibilità di creare, sull'esempio di altre città europee, strade a diversi livelli senza incroci, adatte alla nuova viabilità del Novecento.
Oggi soltanto la salita di circa quattro metri del viale che corre sul lato dei Giardini, là dov'erano i Bastioni fra Porta Venezia e piazza della Repubblica, ricorda la prospettiva di una diversa Milano. Abbattuto il vecchio edificio di Bouchot nel 1931, con l'inaugurazione della nuova Centrale, i milanesi s'accorsero che a dispetto del mussoliniano «tireremo dritto» via Vittor Pisani, Lexington Avenue meneghina sulle carte disegnata in lineare prolungamento di via Turati, era venuta disassata per un clamoroso errore di tracciamento, che spiega la collocazione della nuova Stazione Centrale, spostata a destra. Va però detto che l'insieme della piazza e dei viali circostanti appare, caso raro in città, un tutto armonico: costruzioni razionali d'uguale altezza, varie per materiali e colori, concorrono al tono uniforme grazie a fasce orizzontali parallele delimitate da balconi e spazi tra un piano e l'altro. Il tutto fu risparmiato dai bombardamenti della Seconda guerra mondiale.
Certo, il massacro compiuto il 26 novembre 1946 in via San Gregorio 40 da Rina Fort, «la belva con la sciarpa color canarino» che uccise la moglie incinta e i tre figli dell'amante, tinse il quartiere di tutti i colori del nero (e la Fort abitava a due passi, via Mauro Macchi, 89). Ma nel doveroso ottimismo del Dopoguerra fu presto dimenticato. La Guida d'Italia Milano e Laghi del Touring Club Italiano, anno 1956, dichiara entusiasta: «Si sbocca nella vasta piazza della Repubblica ... circondata da simmetrici blocchi di costruzioni moderne e da numerosi alberghi ... Le fanno da sfondo due grattacieli: ... quello sulla destra all'angolo del viale Tunisia ... si leva a un'altezza di metri 114,25 comprendendo 31 piani adibiti a uffici e ad abitazioni, ed è fra i più alti grattacieli d'Europa e il più alto del mondo tra quelli costruiti in cemento armato». Occhio all'anno della guida: 1956. Il convitato di pietra sul quale non abbiamo ancora speso una parola, il Pirellone, cioè il grattacielo Pirelli, alto 126 metri, non era ancora nato.
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