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Questo articolo è stato pubblicato il 27 agosto 2012 alle ore 15:45.

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Due vincitori ci sono già. Stano agli estremi della vita da scrittore. Uno, Roberto Andò, è stato premiato per l'«Opera Prima», con il romanzo Il trono vuoto (Bompiani). È una categoria beneaugurante, visto che negli anni scorsi si sono aggiudicati il premio autori come Paolo Giordano, Silvia Avallone, Valeria Parrella, destinati tutti a un avvenire da scrittore. L'altra è Dacia Maraini, premiata «per la carriera»: e, indubbiamente, poche altre scrittrici possono vantare la continuità, la notorietà, la capacità dell'autrice de La lunga vita di Marianna Ucrìa, che a Venezia vinse nel 1990.

Ma gli occhi di tutti sono puntati sui cinque finalisti dell'edizione 2012 scelti dalla giuria dei letterati a Padova e chiamati ora al giudizio dei trecento anonimi lettori selezionati dal premio confindustriale. Si tratta di autori che si trovano in punti diversi delle loro parabole autoriali e che da un'eventuale vittoria del SuperCampiello trarrebbero un importante riconoscimento o, alcuni, una consacrazione definitiva.
Ci sono due giovani autori: Giovanni Montanaro (1983) gioca in casa. È veneziano, fa l'avvocato e, con Tutti i colori del mondo è passato a Feltrinelli dopo due titoli pubblicati con Marsilio. È, tra i cinque romanzi finalisti, quello più atipico, trattandosi di una sorta di biografia spuria del pittore Vincent van Gogh, attraverso il racconto di Teresa Senzasogni, una "pazza" del paesino belga di Gheel che del pittore è innamorata e con lui, a sua insaputa, corrisponde.

L'altro giovane è Marco Missiroli, che al Campiello ritorna con un bel po' di esperienza in più, dopo avere vinto, con il suo primo romanzo, Senza coda (Fanucci, 2005), il premio Campiello Opera Prima. Il nuovo romanzo di Missiroli (classe 1981), edito da Guanda, si intitola Il senso dell'elefante e ci introduce nel terreno che accomuna, a mio avviso, gli altri finalisti in maniera più diretta: la famiglia. Il "senso del l'elefante" è proprio la devozione verso i figli, al di là del legame di sangue. E, in una storia ambientata tra Milano e Rimini, tra riconoscimenti, equivoci e malattie, Missiroli descrive un mondo – nerissimo – di solitudini, pentimenti, piccole gioie e grandi dolori con mano ferma.

L'indagine sui sentimenti familiari è il cardine del secondo romanzo di Francesca Melandri (dopo il successo di Eva dorme): Più alto del mare (Rizzoli). Il racconto ci porta in Sardegna, all'isola-carcere dell'Asinara e alle vicende di alcuni prigionieri. Uno per terrorismo, l'altro per omicidio. Ma non è il loro dolore che la Melandri indaga, bensì quello dei loro familiari: il papà del terrorista, la moglie dell'assassino. Un dolore sordo, incancellabile, che trascina in un gorgo le vite di chi commette la colpa e di chi li ama.

In Sardegna e in Calabria si svolgono le due saghe familiari dei due autori certamente più esperti della cinquina. Marcello Fois con Nel tempo di mezzo (Einaudi, finalista anche allo Strega) e Carmine Abate con La collina del vento (Mondadori) sono autori di molti romanzi, tradotti in molte lingue, pluripremiati: in cerca di una vittoria che li consacrerebbe definitivamente nel panorama letterario italiano facendoli entrare in un «catalogo», come quello del Campiello, di prestigio assoluto. Hanno anche, a mio parere, e viste le tendenze di questi anni dei lettori comuni del premio, le maggiori possibilità di competere per la vittoria della «vera da pozzo», il simbolico premio del Campiello.

Si tratta di due storie potenti, scritte – ciascuna nello stile dello scrittore (più lirico Fois, più sanguigno Abate) – con maestria, due libri che accomunano le vicende umane a quelle di un territorio, in un legame inscindibile e fortissimo. Due storie che attraversano il secolo appena scorso: per ripercorrerlo alla luce di una visione ampia che permette allo scrittore di cercare di interpretare, e dare senso, alle cose accadute. Il libro di Fois, in particolare, è la seconda puntata di una trilogia che ha proprio in questo rivelamento e ripensamento il suo senso ultimo (fatta salva la qualità della scrittura, che è sempre il senso primo per uno scrittore).
Ma le sorprese sono in agguato. E non sarebbe la prima volta che le previsioni dei critici e degli addetti ai lavori vengono smentite dal gusto del pubblico. Dunque un augurio a tutti i cinque finalisti e... parola ai lettori.

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