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Questo articolo è stato pubblicato il 27 agosto 2012 alle ore 10:50.

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La rivoluzione del non convenzionale ha aumentato enormemente la quantità di gas e petrolio recuperabili, consentendo in prospettiva di poter far fronte per i prossimi decenni alla sete di energia delle economie emergenti. Esiste tuttavia un altro aspetto della vicenda destinato ad avere profonde conseguenze: la distribuzione geografica di queste risorse. Le riserve attualmente disponibili sono infatti per oltre la metà concentrate in aree instabili, come il Medio Oriente, o difficilmente accessibili, come l'ex Unione Sovietica.

Da queste aree gas e petrolio raggiungono poi i mercati finali. Ogni anno, oltre mille miliardi di dollari finiscono nelle casse degli esportatori. Per questi Paesi, le rendite petrolifere rappresentano non solo la base dell'economia, ma anche un elemento essenziale per la stabilità politica interna.

Le risorse non convenzionali sono invece più disperse sul pianeta e l'aumento del loro sfruttamento può ridefinire la geografia degli approvvigionamenti. Viste le dimensioni dei mercati dell'energia e le previsioni di ulteriore crescita della domanda globale, l'impatto di un progressivo spostamento dei flussi di gas e petrolio è potenzialmente enorme.

Le possibili conseguenze della rivoluzione non convenzionale sono molto diverse nel caso del gas e in quello del petrolio, a causa della diversa struttura dei rispettivi mercati. Quello petrolifero è un mercato globale: grazie ai bassi costi di trasporto e all'attività di migliaia di intermediari, il greggio può raggiungere virtualmente ogni acquirente. Oggi, circa due terzi del petrolio consumato nel mondo proviene da scambi internazionali. Il mercato petrolifero è piuttosto liquido e consolidato. Se un produttore di greggio viene meno, altri possono rimpiazzarlo, come accaduto di recente nel caso della Libia. Allo stesso modo, se un mercato finale si contrae, come nel caso di quello europeo, le forniture sono reindirizzate verso Paesi in cui la domanda cresce, come la Cina. In pratica, domanda e offerta si equilibrano, attraverso l'aggiustamento dei prezzi.

In questo contesto, la futura produzione non convenzionale è destinata a diventare un elemento dell'equilibrio complessivo, prendendo il posto di parte della produzione convenzionale. Sarà un processo lento, ma tale da spostare la geografia dei flussi. Metà delle riserve attualmente disponibili sono concentrate in Medio Oriente: Arabia Saudita, Iran, Iraq e gli altri Paesi del Golfo. Le risorse non convenzionali recuperabili sono invece concentrate soprattutto in Nord e Sud America: le rendite petrolifere del futuro sono quindi destinate a indirizzarsi meno verso il Golfo Persico e più verso il Nuovo Mondo.

La nuova disponibilità di produzione da non convenzionale consentirà ai mercati di far fronte alla crescente domanda asiatica, riducendo così le pressioni sul prezzo del greggio, a beneficio di tutti i consumatori. Il risultato sarà una riduzione (ma non un superamento) della dipendenza dei mercati globali dai produttori mediorientali e quindi una minore variabilità dei prezzi dovuta alle tensioni geopolitiche dell'area. Un altro effetto importante sarà una riduzione dell'impegno statunitense nell'area mediorientale: grazie ai minori costi di trasporto, la produzione nordamericana sostituirà quote crescenti di importazioni arabe. La produzione del Golfo prenderà così sempre più la strada della Cina, con il risultato di aumentare il coinvolgimento di Pechino nell'area.

In nessun caso però gli Stati Uniti potranno perseguire l'indipendenza, vero mantra di diverse generazioni di politici d'oltreoceano. Fino a quando la produzione mediorientale sarà rilevante, ossia per diversi decenni, ogni evento nell'area influenzerà infatti il prezzo di tutto il petrolio mondiale, incluso quello prodotto negli Stati Uniti. L'alternativa sarebbe un'improbabile autarchia petrolifera americana. Nel caso del gas naturale non esiste nulla di simile a un mercato globale. A causa degli alti costi di trasporto, il metano è scambiato soprattutto su tre grandi mercati regionali: Europa, Asia orientale e Nord America. Finora, la rivoluzione del non convenzionale ha riguardato soprattutto quest'ultima regione, dove si concentra un quarto delle risorse non convenzionali del mondo e dove già oggi un terzo della produzione proviene dalle argille.

Un'altra regione ricca di gas non convenzionale è l'Asia orientale. Qui le risorse non convenzionali sono presenti soprattutto in Cina, dove sarà anche concentrata buona parte della nuova domanda di gas mondiale dei prossimi anni. Secondo i piani del governo di Pechino, lo sfruttamento delle risorse non convenzionali indigene giocherà un ruolo centrale nel soddisfare la domanda di energia cinese (1). L'Europa è invece il continente dove il non convenzionale sembra destinato a restare più marginale, sia per la relativa esiguità delle risorse sia per le difficoltà tecniche e politiche del loro sfruttamento. Anche le possibilità di importare il gas non convenzionale prodotto altrove e poi liquefatto sono limitate, per via degli alti costi e dei contratti di lungo periodo che legano gli operatori europei ai fornitori russi e nordafricani.

Sia che si tratti di petrolio sia che si tratti di gas, per il momento la rivoluzione del non convenzionale vede l'Europa relegata a un ruolo marginale. Argille, sabbie e carboni sono destinati a pesare di più nelle scelte geopolitiche di Washington e Pechino che non delle capitali europee.

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