Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 30 agosto 2012 alle ore 16:08.

My24

"La voce delle immagini", mostra che inaugura in questi giorni a Palazzo Grassi, presenta una trentina di opere di ventisette artisti in cui il comune denominatore è l'immagine in movimento. La mostra è al piano terra e al primo piano e in quest'ultimo l'allestimento è tale da permettere la separazione delle opere le une dalle altre pur conservandone una emblematica continuazione. Due spessi tendoni chiudono una stanza per aprirne un'altra, e il piccolo e simbolico spazio tra l'uno e l'altro rende possibile lo staccarsi dalle immagini di ciò che si è appena visto per immergersi nelle successive. Non è un espediente futile ma è necessario perché la voce delle immagini che si ascolta è ogni volta carica di cose da far sentire.

Tra film, video e installazioni l'immagine in movimento, rappresentata da artisti provenienti da quasi tutto il mondo, è il mezzo per dire delle cose e farsi sentire. Non si pensi a installazioni ipertecnologiche ma piuttosto all'essenza dell'immagine in movimento declinata in molte sue forme. In un chiaro scuro creato dagli spazi che ospitano le opere, alcuni vere e proprie sale di proiezioni, la mostra si snoda lungo duemila metri quadri.

Qui gli occhi incrociano altri occhi ad aprire testimonianze e racconti sulla vita: gli occhi dell'artista rivelano ai nostri occhi spesso problematiche politiche sociali o civili del contemporaneo ma attraverso la poetica delle immagini. Come nell'opera "Eyes" di Peter Aerschmann, dove una donna col burqa e due agenti col viso coperto da un passamontagna e pistola alla cinta, attraverso una elaborazione digitale, camminano di fronte allo spettatore. Sono tre personaggi a volto coperto ma solo gli occhi della donna guardano fuori dalla scena verso lo spettatore in modo limpido e interlocutorio, come a chiedere dove stia l'oppressione e dove la minaccia in ciò che vede.

O nell'opera di Bill Viola, "Hall of whispers" in cui i dieci volti in bianco e nero proiettati in una stanza buia hanno tutti gli occhi chiusi e la bocca imbavagliata. Sono volti di uomini e donne che riescono a emettere solo inarticolati suoni, quasi dei lamenti, che indicano qualcosa ma non sappiamo cosa, come possiamo solo interpretare le espressioni dei loro volti tra il sereno e il turbato. Nel buio della stanza però hanno le palpebre abbassate forse per scelta, ma di certo sono chiuse su un mondo al quale non possono parlare.

Ma l'immagine in movimento è anche un'immagine prettamente settecentesca veneziana: quella dei vedutisti esposti al Museo Correr al di là del canal Grande. E un'immagine trasmessa senza proiettore è quella di Zoe Leonard dal titolo "Campo san Samuele 3231". Un omaggio alla città e alla sua storia, un omaggio alle origini della tecnica fotografica e cinematografica, un omaggio a chi vuole guardare ancora con occhio naturale ma con punti di vista insoliti. L'opera infatti trasforma lo spazio in una camera oscura: un piccolo foro lascia penetrare la luce che rinvia sulle pareti e sul soffitto della stanza buia l'immagine rovesciata di ciò che sta fuori. Le variegate rifrazioni del sole sull'acqua si riflettono a loro volta sul soffitto ligneo in un continuo restituire realtà spesso immaginata.

Di fronte a questo percorso espositivo si può pensare che la parola sia stata "immaginizzata", ovvero resa immagine, quella immagine che nel suo fluire diventa discorso. E il discorso in questa sede, come ci racconta il direttore Martin Bethenod, ha "origini politiche sociali reali molto dure ma con un trattamento poetico". Se tutto oggi è immagine, spesso immagine senza nessun significato, per fortuna l'arte ha ancora in serbo immagini, qui in movimento, che possono dire molto.

La voce delle immagini
Palazzo Grassi
30/08/2012 - 13/01/2013

Commenta la notizia

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi