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Questo articolo è stato pubblicato il 02 settembre 2012 alle ore 08:18.

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Il primo nome in lizza nella trentaduesima edizione del festival «Oriente Occidente» è italiano, ed è lo stesso che da lì, nel 2001, si è fatto conoscere e apprezzare. A quell'epoca più che un incontro, fu, infatti, una rivelazione. Anche gli osservatori legati all'accademia dovettero ammettere che sì, quel brindisino dal nome strano – Emio (abbreviazione di Eupremio) Greco –, dal volto mediterraneo e dagli occhi di brace, aveva diritto di sfidare il Bolero di Ravel. E con tutto il possibile e reverenziale rispetto per la leggendaria versione di Maurice Béjart, era davvero riuscito a creare una plausibile alternativa contemporanea all'icona orientaleggiante del coreografo francese, posta su di un tondo tavolo rosso.
In One, il suo Bolero del 1999, Greco sfidava, rimanendo sulla dura terra, la musica di Ravel in un «corpo a corpo» pieno di sopite o affioranti tensioni, e quasi con un senso di rivalsa per l'eroica fatica del suo stesso cammino d'artista: prima esule, poi interprete viandante in diverse compagnie mitteleuropee, infine coreografo accolto ad Amsterdam dal suo dramaturg Pieter C. Scholten, con il quale fondò, nel 1996, la compagnia Emio Greco/PC. Ora proprio Scholten gli ha fatto dono di un altro, forse più impegnativo «corpo a corpo»: quello con la Passione secondo Matteo di Bach, condensata nei sessantacinque minuti di La Passione in due.
Anche questa volta, l'altro dal «sé» danzante, è la musica. Ma Emio non è più solo in scena: sul palcoscenico dell'Auditorium «Fausto Melotti» di Rovereto chi ha rimaneggiato ed esegue live la Passione è il compositore francese, al pianoforte e alla fisarmonica, Franck Krawczyk, noto per essersi dedicato all'arte della trascrizione e al sottile legame tra memoria, fedeltà e adattamento. Per entrare in quell'actus tragicus bachiano, «quintessenza», secondo Hermann Hesse «di ogni poesia ed espressione artistica», Greco, in calzamaglia dorata, leva le braccia al cielo, addenta una mela, poi un'armonica, sorride cinicamente ed emette vari suoni. È la fisicità a tutto tondo di un dialogo tra musica e danza comunque molto meno irruente del Bolero. Il danzatore-coreografo esplora le nuances suggerite dal sottotitolo della nuova pièce – La forza della vulnerabilità – in un saliscendi di potenza, debolezza, sensualità, prostrazione. Nei sette capitoli corrispondenti ad altrettanti, diversi, ritmi musicali sono molte le immagini suscitate dal corpo visionario. Ecco un cavallo recalcitrante: lo scalpiccio di un piede rimanda alla magnifica turbolenza della coreografia Hell (Inferno). Ecco un clown ridanciano: con il suo naso rosso ci fa pensare a La Commedia, l'ultima tappa della fortunata galoppata dantesca della compagnia Emio Greco/PC. Ecco ancora uno spogliarellista, un fragile e guardingo Cristo a terra. Il musicista viene strattonato, cade sulla segatura che cosparge il palco con una trentina di spettatori "dentro" la performance.
Adottando il modus operandi del compositore Krawczyk, il coriaceo Greco macina e trasforma, con una certa prolissità, segmenti delle sue stesse creazioni; imbocca la via della memoria, fedele e lontano da se stesso. Però non gareggia più con i suoni, non danza più «contro» ma «con» la musica: differenza umanizzante, plausibile per un corpo che a quarantasette anni ancora dimostra mostruosa tenacia e un virtuosismo che dal balletto sconfina nel teso e ossessivo linguaggio suo proprio, con le estremità e le membra tirate e fatte vibrare.
Passione in due è anche un titolo autocelebrativo per una coppia – la Greco/Scholten – da sedici anni creativa nel sondare contrasti e contrari: corpo e mente, istinto e ragione, forma e astrazione. Adesso, pure il cielo terso di Bach, con le sue angeliche e sofferte note, l'aiuta.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Passione in due, Emio Greco/PC ,
a «Oriente Occidente 2012», festival
in corso a Rovereto e Trento, sino
al 9 settembre

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