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Questo articolo è stato pubblicato il 06 settembre 2012 alle ore 20:11.

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Il dramma della sterilità nelle Filippine più povere: Brillante Mendoza lascia il segno sul concorso con «Thy Womb»Il dramma della sterilità nelle Filippine più povere: Brillante Mendoza lascia il segno sul concorso con «Thy Womb»

Sarà un film dell'estremo oriente ad aggiudicarsi l'ambito Leone d'Oro? Se durante l'era Müller i film asiatici, seppur tra diverse polemiche, hanno spesso ottenuto i riconoscimenti più importanti (basti ricordare i trionfi di «Still Life» del cinese Jia Zhang-ke nel 2006 e di «Lussuria» del taiwanese Ang Lee nel 2007), la storia potrebbe ripetersi anche con l'inizio del nuovo corso firmato Alberto Barbera.

Dopo l'ottima accoglienza ricevuta da «Pieta» del sudcoreano Kim Ki-duk, probabilmente l'opera più toccante dell'intero festival, è arrivato il turno di «Thy Womb» di Brillante Mendoza, che accresce la rosa dei favoriti alla vittoria finale.

Ambientato sull'isola filippina di Tawi Tawi, il film racconta la vita dei Bajau, i cosiddetti "nomadi del mare", che vivono su case mobili, pronte a essere traghettate nel tentativo di trovare, di volta in volta, il giusto spazio per poter sopravvivere.

Tra questi vi è anche una levatrice, interpretata dall'icona del cinema filippino Nora Aunor, che si prende cura dei figli degli altri, ma, per un crudele scherzo del destino, non può averne di propri.

L'amore che prova per il marito la porta ad accettare un difficile compromesso: acconsente all'unione dell'uomo con un'altra donna in grado di mettere al mondo il "loro" bambino.

Tre anni dopo «Lola», un dramma dai toni intimi incentrato sul rapporto tra un giovane assassino e la nonna, Brillante Mendoza torna in concorso alla Mostra di Venezia con una delle sue opere più rilevanti in assoluto.

A metà tra il documentario e il cinema di finzione, «Thy Womb» ritrae una popolazione la cui esistenza non può che risultare precaria come le case in cui vivono: immersi in una natura meravigliosa e incontaminata, i Bajau devono far fronte ai problemi di sostentamento e alla violenza, politica e umana, del mondo odierno, spietato e senza scrupoli quando sono in gioco interessi economici .

In tutta la sua carriera, Mendoza ha sempre voluto scavare con forza all'interno delle contraddizioni e degli angoli più oscuri del suo paese natale: se nel sopravvalutato «Kinatay», vincitore del Premio per la Miglior Regia al Festival di Cannes 2009, tale riflessione risultava fine a se stessa, in «Thy Womb» diventa lo spunto per parlare, efficacemente, di qualcos'altro. La protagonista infatti, con il suo sguardo triste ma determinato a trasmettere serenità a chi le sta intorno, può essere il simbolo di quell'universo in cui l'importanza e il rispetto per le tradizioni fa superare la mancanza di un'esistenza maggiormente privilegiata.

Grazie anche a una particolare attenzione formale, sia nell'aspetto visivo che in quello sonoro, «Thy Womb» si prepara a dare ampio filo da torcere ai suoi contendenti per i premi principali: d'altronde, per il modo in cui Brillante Mendoza sfrutta le sue videocamere, siamo pronti a scommettere che Michael Mann, presidente della giura e maestro nel lavorare con macchine digitali, non sarà rimasto insensibile alla sua opera.

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