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Questo articolo è stato pubblicato il 13 settembre 2012 alle ore 13:30.

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Con una corposa programmazione di teatro e di danza, il festival "Short Theatre" offre una panoramica sui linguaggi emergenti e autonomi italiani (ospitando anche artisti di tre Paesi europei), ma senza un preciso filo conduttore che possa orientarci.

La rassegna offre, piuttosto, una vetrina di spettacoli al debutto o già in circolazione e mai visti a Roma: artisti consolidati e altri trasversali, portatori di nuove tendenze che si muovono, con differenti approcci e risultati non sempre di qualità, fra strutture testuali e performance. Tra gli spettacoli finora visti e che coinvolgono il pubblico c'è il progetto site-specific di Teatro Sotterraneo "Homo Ridens", che analizza il meccanismo della risata - e della finzione - sollecitando reazioni davanti a scenette, domande, test e provocazioni, con particolare attenzione al tema della morte. La reazione scaturita dalla risata, più o meno immediata o assente, diversa da città a città, viene annotata al fine di voler produrre un campione da esperimento sociologico e antropologico. Ma il risultato è alquanto banalizzante, da format televisivo, e il procedere per sketch, senza una struttura drammaturgica, ne fa più una sorta di lezione pubblica che uno spettacolo.

Procede con un andamento didascalico lo spettacolo vincitore del Premio Scenario 2011 "InFactory", non particolarmente innovativo. Due trentenni - Matteo Latino e Fortunato Leccese – s'identificano come vitelli a stabulazione fissa prossimi al macello. Nel loro autobiografico raccontarsi – accostamento con gli animali rinchiusi in un recinto - vorrebbe esserci il calore e la poesia dell'esporsi in prima persona attingendo dalla propria storia, dai ricordi d'infanzia, in contrapposizione con la freddezza di una voce registrata che elenca meccanicamente il procedimento per la macellazione. A metà tra prova monologante e performativa, tutto sembra già visto: nelle scene e negli oggetti (box-neon, nastro segnaletico, cellophane, bombolette spray, statuetta infranta), nei costumi (felpe e slip, magliette rovesciate e con diverse scritte), nei movimenti coreografici su un soundscape elettro-pop, nel modo di raccontarsi assumendo posture varie e bloccate.

Interessante - ma richiederebbe ulteriore sviluppi - un certo andamento "cinematografico". Che troviamo, invece, nel leggiadro "L'effet de Serge" del francese Philippe Quesne. Il bizzarro protagonista - che si presenta in tuta d'astronauta riprendendo un suo spettacolo precedente -, nel suo felice isolamento domestico, inscena, alla stessa ora di ogni domenica, micro-performance di un paio di minuti con effetti speciali ricavati da oggetti, per i suoi amici. Che sembriamo anche noi, nel prolungamento della stanza che s'apre sul retro di un giardino da dove giungono i visitatori. Con una dilatazione temporale un po eccessiva, si ironizza sulla dimensione metateatrale e sugli artisti di teatro con intelligenza di dettagli e di scrittura scenica, semplice nell'idea, intrigante e divertente.
In "Fake For Gun No You" la grammatica corporea della danza di Kinkaleri si riduce ad una banale serie di movimenti che una coppia, partendo da un alfabeto gestuale, ripete con maggiore intensità e variazioni cambiando dislocazione e ritmo di respirazione. Intrigante e divertente, invece, "Por Sal y Samba" della coppia spagnola Carles Casallachs e Clara Saito.

In venti folgoranti minuti il fantasioso rapporto danzato, carico di tensione sensuale, precipita nel sadomasochismo e, in un'alternanza di ruoli, nella tortura reciproca, facendo dello spettatore, inesorabilmente, un voyer.
Tra gli spettacoli visti, da citare l'autorevolezza di Claudio Morganti, capace di avvincere con la sua lettura-lezione del "Woyzeck", uno studio drammaturgico di alcune parti - liberamente disposti per rintracciarne inedite assonanze - del testo di Buchner che si approfondisce, ad ogni replica, in virtù del rapporto col pubblico; e di Elena Bucci con "Autobiografie di ignoti" in cui l'attrice di Belle Bandiere evoca, all'interno di un bar, e sulle orme della letteratura, una moltitudine di figure, compreso Pessoa, reinventando parole e canzoni da far coincidere con la propria autobiografia.

Festival Short Theatre -"West end", direttore artistico Fabrizio Arcuri. Roma, Teatro India e Macro-La Pelanda, fino al 15 settembre; il 22 al Teatro Argentina.
www.shorttheatre.org

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