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Questo articolo è stato pubblicato il 24 settembre 2012 alle ore 19:12.

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Si dice spesso, ma a volte succede: le elezioni del 7 ottobre in Venezuela saranno storiche. La riconferma di Hugo Chávez, dopo 13 anni alla guida del Paese, porterebbe a quella «irreversibilità del socialismo» che il caudillo brandisce, promette e minaccia a ogni giro di valzer. Altri sei anni - incognita cancro esclusa - dell'uomo forte di Caracas, con tutto il carico di nazionalizzazioni e anti-mercatismo, comporterebbero una penetrazione nei meandri bolivariani impossibile per chiunque da invertire nel 2018.

La vittoria dello sfidante, l'avvocato Henrique Capriles Radonski, potrebbe invece ridare fiato alla stremata borghesia venezuelana giusto prima che esali l'ultimo respiro. Per i risultati è sufficiente attendere qualche giorno ancora, con Chávez che secondo i sondaggi si presenta all'appuntamento in vantaggio. La campagna elettorale è stata positiva, compatibilmente con la scarsità di appuntamenti a cui ha potuto partecipare per via della malattia. Cinque milioni di maschere raffiguranti il volto del leader hanno invaso il Venezuela, insieme allo slogan prescelto («Cuore venezuelano») e a una massiccia cartellonistica raffigurante un Chávez ringiovanito e rinvigorito alle prese con l'hip hop, la boxe, il basket, lo stile adolescenziale.

Una campagna propositiva come nessuna in passato, senza toni iper-patriottici e insulti agli avversari (novità assolute), con gli advisor del presidente intenti a discutere con tutti i settori della società (da sinistra a destra quasi indistintamente). Una campagna da Lula, insomma, frutto proprio della mente che diede la vittoria all'ex presidente brasiliano nel 2002 e nel 2006: João Santana. La "lulificazione" di Chávez è stata la pietra angolare dell'attività di Santana. E pare esserci riuscito. Originario dello Stato di Bahia, ex giornalista (vinse il Prêmio Esso, il Pulitzer brasiliano), Santana è il Karl Rove del Latinoamerica. Oltre a quelle di Lula, Patinhas, "il taccagno", soprannome che gli deriva da una gestione evidentemente non luculliana della tesoreria studentesca ai tempi del collegio dei fratelli Maristi a Salvador de Bahia, ha ideato e diretto le campagne presidenziali di Dilma Rousseff (2010), Mauricio Funes (El Salvador, 2009), Ollanta Humala (Perù, 2011), con un'"escursione" extracontinentale in Angola per la recente cavalcata del presidente José Eduardo dos Santos, appena riconfermato alla guida del Paese. Percorso netto, solo vittorie. «Il fabbricante di presidenti», «lo stratega del cancro» (il macabro titolo gli è stato affibbiato dalla stampa per la gestione delle malattie di Chávez e Rousseff), non perde mai.

Coltissimo (possiede una biblioteca con più di 3mila volumi), amante del rock, non concede quasi mai interviste. Cita Gustave Le Bon, cita Solone, cita Serge Chakotin. In gioventù fu amico stretto di Walter Smetak, guru dello sperimentalismo sonoro degli anni 60 e 70. Svizzero trapiantato in Brasile, professore di musica all'Università federale di Bahia, scultore, artista plastico, saggista, drammaturgo e scrittore, Smetak girava per Salvador su una vecchia Bmw soprannominata «la prostituta di Babilonia». Fu inventore di oltre 150 strumenti musicali ribattezzati "plastiche sonore": sorta di strumenti-scultura dalle forme bizzarre e dai suoni iper-acidi, corredati da teste, archi, ruote, cinghie. Santana è considerato il più cerebrale esperto di marketing politico del continente, ma il suo messaggio è in realtà molto semplice, sempre tranquillizzante e positivo (il primo slogan nel 2002 fu nientemeno che «Lula pace e amore»). La sua ossessione è ridurre le distanze tra politici e cittadini («Il marketing politico è una semplice interfaccia tra governanti e governati: se riesco ad avvicinare il politico alla domanda dell'elettore e l'elettore al pensiero del politico, sto democratizzando», ha detto in una delle poche chiacchierate concesse alla stampa). Se gli si chiede quale sia stata l'elezione più soddisfacente della sua vita però, scordatevi l'esercito dei presidenti: nulla può avvicinarsi al 2002, quando prese in mano l'oscura campagna di Delcidio Amaral nel Mato Grosso do Sul. In palio il seggio da senatore dello Stato. Santana arrivò con Amaral dato al 2% nei sondaggi, contro oltre il 50% dell'avversario Pedro Pedrossian. Inutile dire come finì. Ripensandoci, avrebbe dovuto ingaggiarlo Capriles.

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