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Questo articolo è stato pubblicato il 28 settembre 2012 alle ore 09:56.

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L'italico cantautorato, rispetto agli avventurosi esordi degli anni Cinquanta e Sessanta, è diventato un mucchio di cose diverse. Per comodità convenzionale si farebbe molto prima a dire che cantautore italiano è colui che scrive e canta le proprie canzoni nella lingua che fu di Dante e di De André. Ma a voler stare comodi si finisce spesso fuori strada: qui da noi non è infatti raro trovare artisti perfettamente in linea con la tradizione cantautorale dello Stivale che all'italiano alternano l'inglese. E alla propria voce alternano quella di un/una partner.
Giuliomaria Garbellotto, vicentino di 32 anni, è tra questi. Insieme con la cantante Samantha Giordano s'è inventato The Beta Project, una sorta di particolarissimo «contenitore musicale» nel quale infilare le cose che scrive. Può essere un agile quintetto di impostazione pop rock come una ben più articolata band di dieci elementi con sezione di fiati, fisarmonica e percussioni varie. Un complesso a tasso variabile, in cui tutto sta alle circostanze. Quel che non cambia è la proposta musicale: i pezzi scritti da Garbellotto, finiti nel recente album «Queen with no crown». Si parte con il pop ska «Misread Emotions», chitarra elettrica in levare, basso rimbalzate, canto souleggiante di Samantha (e controcanto di Giuliomaria). La title track sa di Kings of Convenience: è la voce del band-leader a cimentarsi con la linea melodica principale, mentre la chitarra acustica scherza su una ritmica vagamente bossa nova. Stessi ruoli tra i due nella successiva «The Stars and Sky Song», reggae che oscilla tra la produzione anni Ottanta di Toots and the Maytals e gli UB40. «Sinner's prayer», la preghiera del peccatore, è probabilmente il momento più alto del disco. L'intro parlato apre le porte a un alternative country in cui il banjo fa la parte del leone e Garbellotto dimostra di dare il meglio di sé quando canta svogliato. E quando le domande esistenziali («Why must I die?») si inseguono. Di nuovo ritmiche in levare per «Sweet Revenge», stavolta più affine (nell'arrangiamento, almeno) al suono dei Wailers dal vivo. Il reprise acustico di «Misread Emotions» è introdotto da Garbellotto che recita versi aulici su carne e solitudine. La ballad «Me and myself» caccia fuori tutta la vena cantautorale di Giuliomaria. Niente trucchi: solo una chitarra acustica ben pizzicata e una voce che sceglie di volare basso. «(My) Grace is Gone» rappresenta un altro momento meditativo del disco, ballata dolente sulla felicità perduta con l'hammond che sottolinea un ritornello tutto sommato orecchiabile. La «Ninna Nana» strumentale ribadisce il feeling che il band leader ha per l'acustica. L'album si chiude con «Occhiali vuoti», unico pezzo in italiano, aperto da un omaggio a Enzo Jannacci («Aveva un taxi nero»). Ma si tratta soprattutto di un omaggio a un padre che non c'è più, su quell'amaro sentimento che si comincia a provare a distanza di qualche mese dalla perdita. Una ballata bossa che ricorda le cose migliori di Fabio Concato e scopre definitivamente le carte sulla cantautoralità di Garbellotto. Che gira tanto, non avrà ancora trovato «la strada», ma dimostra di saper guidare molto bene. Tre stelle su cinque.
Giuliomaria Garbellotto & The Beta Project
«Queen with no crown»

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