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Questo articolo è stato pubblicato il 28 settembre 2012 alle ore 11:34.
Johannes Vermeer. Giovane donna in piedi al virginale, 1670/1673. The National Gallery, Londra
La vita nel quotidiano di Vermeer è scandita dal tempo agognato della lettura di una lettera, dal lento rito del cucire di una donna sotto il cielo lattiginoso di un viottolo della civilissima Delft, dal solo misterioso volgersi di una giovane donna il cui cappello rosso conquista chi la guarda senza però renderla meno estranea.
Intimità domestiche, semplici attimi in grado di mitigare i rigori di una vita cui la rigida morale mercantile d'Olanda lascia poche e calibrate evasioni, scandite dal lento risuonare di strumenti antichi nel tocco leggero di mani di fanciulla.
E su tutto la luce, meravigliosamente ipnotica, e inconfondibile luce di Vermeer, vera cifra di questo artista dalle lumeggiature impareggiabili, che fissando interni domestici ha scandagliato come pochi altri aspetti della condizione umana che trascendono il tempo per farsi eterno, universale. In formati piccolo e piccolissimi sono "emozioni durature" le sue, in grado di affascinare gli spiriti più eletti, come quello di Marcel Proust e di parlare con le sue geometrie ai grandi artisti dello scorso secolo, basti Piet Mondrian, e del contemporaneo, Gherard Richter, che è poi solo uno fra tanti. Poco conosciamo di questo pittore che tutti definiscono dallo scarto eccelso nel solco della grande tradizione di una Delft, dove questo artista nacque protestante nel 1632, si fece con le nozze cattolico convinto, tanto da sposarne con la fede la rigorosa simbologia pittorica.
La difficile mostra, porta per la prima volta in italia dai più prestigiosi musei stranieri 8 degli appena 35 o poco più capolavori riconosciuti di Joannes Vermeer, affiancati da opere di Gabriel Metsu, Pieter de Hoock, Emanuel de Witte, Carel Fabritius, in grado di raccontare al meglio il seicento olandese. Vermeer il secolo d'oro dell'arte olandese, alle Scuderie del Quirinale fino al 20 gennaio.
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