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Questo articolo è stato pubblicato il 01 ottobre 2012 alle ore 16:03.

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Nelle scorse settimane l'attacco al consolato americano a Bengasi e l'uccisione dell'ambasciatore Chris Stevens in Libia hanno riacceso l'attenzione dell'opinione pubblica occidentale sui movimenti di rivolta in Nord Africa e nel Medio Oriente. Nel suo intervento all'Onu del 25 settembre il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha chiesto al mondo islamico nato dalla "primavera araba" di utilizzare la conquistata democrazia per garantire la libertà di pensiero e religione: «È dovere di ogni leader, di ogni nazione, parlare con forza contro la violenza e l'estremismo». Il capo della Casa Bianca ha detto altresì che gli Usa faranno quel che devono per evitare che l'Iran si doti dell'arma nucleare.

Obama, a poco più di un mese dalle elezioni presidenziali del 6 novembre, attaccato da chi pensa che non faccia abbastanza per sostenere Israele, ha difeso la politica americana in Medio Oriente e in Nord Africa, ricordando che gli Stati Uniti stanno lavorando per assicurare alla giustizia coloro che hanno ucciso l'ambasciatore Chris Stevens, descritto come un uomo che incarnava proprio quei valori che Usa e Onu vogliono difendere; ha definito «crudo e ripugnante» il video su Maometto, ma un film - «con cui gli Usa non hanno nulla a che vedere» ha sottolineato - non può giustificare l'attacco a un'ambasciata». Sull'altro fronte caldo del Medio Oriente, la Siria, Obama ha detto che deve scoccare l'ora della fine per il regime di Bashar al-Assad a Damasco, assediata dai ribelli. Ma una soluzione facile non esiste e l'inviato dell'Onu nella regione, Lakhdar Brahimi, a ogni missione deve ripetere lo stesso messaggio di impotenza.

Che cosa resta delle speranze suscitate dalla "primavera araba" a circa un anno e mezzo dal suo manifestarsi? Quali sono le "forze profonde" della società – per riprendere una celebre espressione del grande storico francese Fernand Braudel - in Nord Africa e in Medio Oriente? Su questo tema sono in Italia già usciti alcuni libri. In questa scheda ne presentiamo due: "La primavera araba – Origini ed effetti delle rivolte che stanno cambiando il Medio Oriente", a cura di Michela Mercuri e Stefano Maria Torelli, edito da Vita e Pensiero e "Il Nord Africa brucia all'ombra dell'Europa", scritto a quattro mani da Michele e Yvonne Brondino e pubblicato da Jaca Book.

La scintilla del cambiamento, forse epocale, nell'area del Mediterraneo e del Vicino Oriente si è originata in Tunisia da un episodio di cronaca locale. Il 17 dicembre 2010, nella cittadina di Sidi Bouzid nel Jebel tunisino, un giovane diplomato e disoccupato, Mohamed Bouazizi, ridottosi a fare il venditore ambulante abusivo e a cui la polizia requisisce la bancarella, compie l'estremo gesto di protesta davanti alla prefettura: si asperge di benzina e si dà fuoco. Bouazizi muore il 5 gennaio seguente, dopo una lunga agonia, diventando il simbolo della protesta popolare che esplode contro il regime autoritario e poliziesco del presidente Ben Alì. Tramite internet e i social network la rivolta si diffonde a macchia d'olio nelle altre cittadine della regione e della costa fino ad arrivare nella capitale Tunisi.

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