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Questo articolo è stato pubblicato il 07 ottobre 2012 alle ore 08:21.

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«Cose che non stonano mai col paesaggio». Afferma il libro biblico di Qoèlet: «Tutti i fiumi vanno al mare / eppure il mare non è mai pieno; / raggiunta la loro meta, / i fiumi riprendono la loro marcia» (1,7-9).
Le narrazioni che si fondano e accompagnano il percorso dei fiumi sono itinerari di conoscenza. Ce ne sono una quantità nella memoria culturale e letteraria collettiva; si pensi per esempio alla poesia I fiumi di Giuseppe Ungaretti, una delle più belle e profonde del nostro Novecento; in guerra sull'Isonzo, nella terribile carneficina del primo conflitto mondiale, Ungaretti ritrova il senso e la forza di sopravvivere nei fiumi che lo hanno generato e nutrito, ricongiunti ora nell'Isonzo: il Serchio di Lucca (il fiume dei genitori), il Nilo di Alessandria d'Egitto (la propria infanzia), la Senna di Parigi (la formazione culturale, l'ingresso adulto nel mondo: «E in quel suo torbido / mi sono rimescolato / e mi sono conosciuto»). Percorrere un fiume, come ha fatto di recente Paolo Rumiz con il Po, è compiere un viaggio esteriore e interiore da cui si esce informati e cambiati. Di queste narrazioni vi sono significativi esempi preromantici, come il Viaggio sul Reno e ne' suoi contorni di Aurelio de' Giorgi Bertola (1795), in cui la natura assume connotati vitali e si fa specchio «pittorico e sentimentale»; splendidi testi picareschi quali le Avventure di Huckleberry Finn di Mark Twain (1884), il cui giovane protagonista in fuga sulle acque del Mississipi costituisce un esempio di indomita irrequietudine e spirito di iniziativa; eccellenti sintesi di cultura e civiltà, come Danubio di Claudio Magris (1986). Nel percorso inverso, a ritroso verso gli incubi della storia, spicca Cuore di tenebra di Joseph Conrad (1899).
Nella cultura italiana il fiume Po è il principale teatro delle narrazioni fluviali. Basti pensare all'epopea del Mulino del Po di Riccardo Bacchelli (1938-1940), il grande romanzo storico fondato sulla decisiva presenza del fiume. Più legate alla contemporaneità sono le storie di Giovannino Guareschi, inventore delle figure di don Camillo e Peppone (1947-8), abitanti di quel «mondo piccolo» modellato dal corso del fiume e dalla pianura circostante, «quella fettaccia di terra che sta tra il Po e l'Appennino»; «bisogna rendersi conto», scriveva Guareschi, «che in quella fettaccia di terra tra il fiume e il monte possono succedere cose che da altre parti non succedono. Cose che non stonano mai col paesaggio».
Di questa convinzione si alimentano le opere di Guareschi e del suo fratello maggiore Cesare Zavattini, maestri di realismo e di invenzioni favolistiche (senza dimenticare il Daniele Ponchiroli delle Avventure di Barzamino,1965).
Nel 1954 escono le Cronache dell'alluvione di Gian Antonio Cibotto, sulla devastante alluvione del Polesine nel novembre del 1951 (cui seguirà nel 1961 Scano boa); nello stesso anno Mario Soldati gira il film La donna del fiume (sceneggiatura di Alberto Moravia ed Ennio Flaiano) con una prorompente Sophia Loren. A Soldati si deve il fortunato Viaggio nella valle del Po (1958), film-reportage televisivo in dodici puntate che vide anche la collaborazione di Gianni Brera, con utili e attraenti approfondimenti sul territorio e la cultura eno-gastronomica (viaggio fluviale e televisivo che è stato ripercorso e riproposto pochi anni fa da Edmondo Berselli). Sono viaggi in cui lo scrittore è attore e protagonista; attraverso il suo sguardo noi rivisitiamo e riscopriamo il territorio, seguendolo sul suo mezzo di locomozione (in barca dentro il corso d'acqua; a piedi, in bicicletta, in automobile sugli argini e tra le golene). Insieme a lui noi vediamo e valutiamo i caratteri e i mutamenti fisici e umani dei luoghi disegnati dal fiume.
È quanto illustra e racconta Gianni Celati nel volume Verso la foce (1989), in cui la parte narrativa, siglata da amaro disincanto, si accompagna a quella fotografica dell'amico Luigi Ghirri, in un progetto che rientra nel più globale Viaggio in Italia promosso negli anni Ottanta da vari fotografi italiani. Il viaggio lungo il Po di Celati, fatto in buona parte a piedi, completa l'attraversamento e la percezione della pianura padana attuato nei racconti di Narratori delle pianure (1985), di cui il Po e la via Emilia costituiscono le direttrici reali e a un tempo fantastiche. Questa dimensione trova ulteriore estensione nel film Sul 45° parallelo di Davide Ferrario (1997), aperto da racconti orali dello stesso Celati che collegano il Po alla Mongolia, sulla linea appunto del quarantacinquesimo parallelo; evocazione mitica (le ottave cavalleresche di Boiardo) e nello stesso tempo tragica, perché nella storia della seconda guerra mondiale furono tanti i mongoli (forzati alleati dei nazifascisti) a perire annegati nelle acque del Po nel vano tentativo di scampare alla rotta finale.
Ai testi di Celati va almeno aggiunto Il Po si racconta di Ermanno Rea (1990), in cui è primaria l'attenzione agli aspetti antropologici e sociali, sul modello delle ricerche del cremonese Danilo Montaldi (Autobiografie della leggera, 1961). È in questo ampio panorama culturale e letterario che oggi si colloca il prezioso volume-viaggio di Guido Conti.
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