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Questo articolo è stato pubblicato il 14 ottobre 2012 alle ore 15:55.

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In un reportage di David Foster Wallace, davanti a un ottovolante in un parco divertimenti, campeggia un cartello: «Vietato cambiare idea mentre si sale». In molti, infatti, pur avendo pagato 40 dollari per il biglietto, colti dal panico, si rifiutano di salire; è allora che intervengono gli inservienti per "accompagnare" i malcapitati nolenti sull'ottovolante. «Chi pagherebbe 40 dollari - commenta Wallace - per un'attrazione che ti devono persino aiutare ad arrivarci?». È possibile che il tizio costretto a salire sull'ottovolante non abbia mai avuto intenzione di farlo. Però l'ha fatto, perché un biglietto staccato è un contratto registrato e non puoi tirarti indietro, soprattutto davanti alla fidanzata. Le intenzioni passano, ma i documenti restano. Questa è l'idea di fondo di Documentalità, il trattato di ontologia sociale che Maurizio Ferraris ha composto nel 2009 e che continua a sortire conseguenze teoriche assai importanti, non ultima la necessaria svolta verso il "Nuovo Realismo" filosofico. Il volume monografico della "Rivista di Estetica", A partire da Documentalità - a cura di Elena Casetta, Pietro Kobau e Ivan Mosca - raccoglie trenta interventi di filosofi che commentano la tesi ferrarisiana. Esistono alcuni oggetti, gli oggetti sociali - come i matrimoni, i divorzi, i contratti - la cui esistenza è determinata da tracce materiali, i documenti o atti iscritti, che hanno un certo ingombro nella vita reale delle persone. Con piglio realistico, Ferraris critica la tesi del filosofo analitico John Searle, per il quale alla base degli oggetti sociali ci sarebbe solo una comunanza di intenzioni mentali tra gli individui. L'esistenza degli oggetti sociali, invece, è determinata dalla materialità delle registrazioni e dei documenti, che diviene "inemendabile", al punto che il più delle volte siamo costretti a ubbidire alle regole scritte anche se non lo vogliamo - docet l'esempio dell'ottovolante.
Non è dunque l'intenzionalità a generare la documentalità, ma esattamente il contrario. Non solo. Per il filosofo torinese tutte le registrazioni nelle quali siamo immersi - dal dizionario della lingua parlata alle memorie dei cellulari - sono l'espressione esterna di un altro genere di registrazioni interne, quelle della mente: mente che per l'autore di Anima e ipad è equiparabile a una tabula sulla quale si imprimono le tracce mnestiche dell'esperienza sociale. Nel volume Ferraris risponde con grazia e illuminante ironia alle obiezioni postegli dai trenta filosofi. Rilevante è la discussione sul confronto tra ontologia ed epistemologia, nella quale Ferraris argomenta con forza a favore di una prospettiva realista: la realtà esiste indipendentemente dalla conoscenza - anzi, dalle conoscenze diverse - che possiamo avere. Per intenderci, non ha senso affermare che il faraone Ramsete non è potuto morire di tubercolosi perché il bacillo è stato scoperto solo nel 1882: non è la nostra definizione della realtà che determina gli eventi, bensì essi esistono indipendentemente dal nostro pensiero. Assolutamente necessaria, poi, la critica ferrarisiana al new historicism e all'idea di storiografia emanata da Le Goff, secondo cui i fatti storici «non sono fenomeni oggettivi esistenti senza lo storico», una posizione dal retrogusto postmodernista assai pericolosa sul piano della responsabilità politica di chi fa storia, che solo un bagno in un mare di sano realismo può emendare. La discussione continua nel volumetto Lasciar tracce: Documentalità e architettura - a cura di Federica Visconti e Renato Capozzi -, dove Ferraris interpreta l'architettura come un fenomeno sociale di "registrazione": la costruzione di un edificio architettonico è un atto che viene materialmente "inscritto" in un sito urbanistico e che lascia il segno nella mente e nella vita delle persone. La differenza tra un testo scritto un - documento - e un edificio architettonico - un monumento -, consiste soprattutto in un fatto di "ingombro" di natura sia materiale sia memoriale: infatti, «se qualcuno scrive una brutta poesia - così Ferraris - io posso sempre dimenticarmela ed è finita, ma un brutto albergo in mezzo alla città, quello resterà per sempre».
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Rivista di Estetica, A partire da Documentalità, a cura di Elena Casetta, Pietro Kobau, Ivan Mosca, n.s. 50 (2012), anno LII, Rosenberg & Sellier, Torino, pagg. 410, € 33,00
Maurizio Ferraris, Lasciar tracce: Documentalità e architettura, a cura di Federica Visconti e Renato Capizzi, Mimesis, Milano, pagg. 92, € 10,00

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