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Questo articolo è stato pubblicato il 21 ottobre 2012 alle ore 08:40.

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Il 20 novembre 1860 nell'Aula Magna dell'Università di Bologna tiene la prolusione al suo corso Luigi Cremona, un giovane non ancora trentenne, nominato sulla cattedra di Geometria superiore da Terenzio Mamiani, ministro della Pubblica Istruzione del Governo Cavour. È una stagione di grandi e radicali cambiamenti, nell'università e nel paese. L'Alma mater ha perso l'appellativo "pontificia" che l'aveva designata nei lunghi secoli del potere temporale. Il plebiscito indetto a Bologna da Carlo Farini ha infatti sancito l'annessione delle Legazioni pontificie al Regno di Sardegna. L'impresa dei Mille di Garibaldi si è appena conclusa con l'ingresso di Vittorio Emanuele II a Napoli: il Regno d'Italia è ormai un fatto compiuto. Nel '48 Cremona si era unito ai volontari del battaglione di studenti "Italia libera", e con loro era accorso alla difesa di Venezia. Ora Cremona vede finalmente realizzati gli ideali d'indipendenza, per i quali aveva combattuto, e le sue parole traboccano di amore per la scienza e di entusiasmo patriottico. «O giovani felici, cui fortuna concesse di assistere ne' più begli anni della vita alla risurrezione della patria vostra, svegliatevi e sorgete a contemplare il novello sole che fiammeggia sull'orizzonte!», esorta Cremona. «Amate la verità e la luce, abbiate fede ne' servigi che la scienza rende presto o tardi alla causa della civiltà e della libertà. Credete all'avvenire! questa è la religione del nostro secolo». Con la figura e l'opera di Cremona, uno dei maestri della scuola italiana di geometria, si apre la rassegna dei protagonisti di questo volume, i matematici che hanno fatto la storia dell'ateneo bolognese nei primi cent'anni dopo l'Unità. A Bologna, nonostante le difficoltà del l'ambiente accademico in cui si trova a operare, Cremona scrive i fondamentali lavori sulle trasformazioni geometriche delle figure piane, che inaugurano un indirizzo di ricerca del tutto nuovo, e hanno consegnato il suo nome alla storia della moderna geometria.
Per le sue ricerche gli viene attribuito il prestigioso premio Steiner dell'Accademia delle scienze di Berlino, che lo impone sulla scena matematica europea. A Cremona si affianca ben presto Eugenio Beltrami, un altro dei protagonisti della rinascita matematica del nostro paese dopo l'Unità, che nel 1868 pubblica un articolo destinato a far epoca. Beltrami vi presenta infatti un modello euclideo per la nuova geometria non-euclidea di Lobacevskij. Quella geometria "immaginaria", dimostra Beltrami, possiede la stessa coerenza logica di quella euclidea. Quel suo modello sarà ripreso da Poincaré in pionieristiche ricerche che rivelano il ruolo fondamentale della nuova geometria. Ma dopo pochi anni, ricorda Salvatore Coen nell'introduzione al volume, quando Cremona e Beltrami lasciano l'ateneo, la matematica a Bologna va incontro a un periodo di difficoltà. Una nuova stagione si inaugura nel 1880 con la chiamata di Cesare Arzelà e Salvatore Pincherle, due giovani cresciuti alla Scuola Normale di Pisa. Come molti matematici della sua generazione, dopo la laurea Pincherle ha trascorso un periodo di perfezionamento in Germania, e con le sue lezioni e i suoi lavori fa conoscere in Italia le moderne teorie apprese seguendo i corsi di Weierstrass, il grande matematico che ha fatto di Berlino il centro della ricerca matematica europea. Quarant'anni dopo, ricorda Coen, Pincherle dà vita all'Unione Matematica Italiana, che ha ancora oggi sede a Bologna, e nel 1924 è eletto alla presidenza dell'Unione Matematica Internazionale. In quella veste Pincherle organizza a Bologna nel 1928 il Congresso Internazionale dei Matematici, che «testimonia del riconoscimento internazionale acquisito dalla scuola» di Bologna. Non solo. Quel Congresso ha una portata storica: per la prima volta dopo la Prima guerra mondiale i matematici tedeschi vengono invitati a partecipare a un Congresso internazionale. Grazie all'opera di Pincherle, viene così definitivamente superata la drammatica divisione che la guerra ha prodotto nella comunità matematica internazionale. Mentre questa sua attività istituzionale resta sullo sfondo, ben tre sono i saggi di questo volume dedicati ai vari aspetti dei suoi contributi in matematica. Altrettanti sono i saggi che illustrano la poliedrica attività di Federigo Enriques, la figura che forse ha maggiormente contribuito a fare della Bologna del tempo uno dei più vivaci centri di ricerca matematica (e filosofica) del nostro paese. I suoi lavori di geometria, scritti in stretta collaborazione con Guido Castelnuovo, hanno posto le basi della moderna teoria delle superfici algebriche e segnato la nascita della "scuola italiana di geometria". Ma, col nuovo secolo, gli interessi di Enriques muovono «dai campi della geometria» verso i terreni della filosofia. I suoi Problemi della scienza (1906) sono ben presto tradotti nelle principali lingue europee. Nello stesso anno, con un gruppo di amici e colleghi, dà vita alla «Rivista di scienza» (poi «Scientia»), e nel 1911, in qualità di Presidente della Società filosofica italiana, organizza a Bologna il IV Congresso Internazionale di Filosofia, occasione di una celebre polemica con Croce. Per singolare coincidenza, questo volume è stato preparato in occasione del Congresso che l'Unione matematica italiana ha tenuto a Bologna a cent'anni di distanza da quello storico congresso di filosofi. E, pur nella loro disomogeneità per ampiezza e contenuti, la ventina di saggi che vi sono raccolti contribuiscono a delineare, attraverso le figure dei principali protagonisti, una storia ancora poco nota della matematica del nostro paese.

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