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Questo articolo è stato pubblicato il 25 ottobre 2012 alle ore 10:49.

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«Prova a pesare Annibale/ ora che è solo cenere/ e dimmi quanti grammi/ la stadera segnerà». Cantava così più di quaranta anni fa Giorgio Gaber, mettendo in musica le amare considerazioni del grande Giovenale sull'inesorabilità del tempo.

Se del «grande generale» che mise paura a Roma ed «entrò nel novero dei semidei» non resta più traccia alcuna, non se la passano certo meglio le città che furono teatro delle sue battaglie.
Prendete l'antica Herdoniae, per esempio: il centro dauno che in tarda età repubblicana contava ben di diecimila abitanti (mica pochi per l'epoca) e che durante la Seconda guerra punica vide il principe cartaginese trionfare due volte sulle truppe romane, oggi versa in condizioni di assoluto degrado. I resti dell'antica città che sorgono sul territorio di Ordona, comune di 2.500 anime in provincia di Foggia, gridano vendetta: mosaici che cadono in rovina, pale eoliche che svettano sullo sfondo delle ville e, quando la stagione è quella giusta, persino greggi di pecore al pascolo.
Senza contare le scorribande di tombaroli vari ed eventuali. L'avesse visitato il filosofo francese Jean Françoise Lyotard non avrebbe fatto fatica a tirare in ballo la categoria del postmoderno. Il guaio è che nel caso specifico toccherebbe discutere di tecniche di salvaguardia dei beni archeologici, non certo di teorie di interpretazione dell'arte contemporanea.

Soprintendenza non competente
Se capitate da quelle parti, tuttavia potete pure risparmiarvi reclami firmati alla soprintendenza archeologica pugliese. Seppure volesse, non avrebbe facoltà di intervenire perché il sito è proprietà privata. Avete sentito bene: in un Paese occidentale, membro dell'Unione europea esistono intere aree archeologiche che sono di proprietà privata. «Il caso è sicuramente curioso, - afferma il vicesindaco del comune di Ordona Franco Di Trani – non so se nel resto d'Italia ci sono situazioni analoghe.
Il fatto è che negli ultimi vent'anni si è alimentato un contenzioso tra il ministero dei Beni culturali e i proprietari dei terreni su cui sorge l'antica Herdoniae, ossia gli eredi del conte Franco Cacciaguerra». Da Roma, in tutti questi anni, sono partiti due espropri, legittimamente impugnati dagli eredi e bloccati dalla giustizia amministrativa.

La scoperta cinquant'anni fa
Facciamo intanto un passo indietro. L'antica Herdoniae torna alla luce in tempi tutto sommato recenti: è il novembre del 1962 quando una missione belga, guidata dall'archeologo Joseph Martens, dà inizio agli scavi. In trent'anni di campagne, rispetto all'intera superficie della città romana pari a circa 22 ettari, è stata indagata sistematicamente un'area di circa 4 ettari nella zona del foro e del centro cittadino. Mentre alcuni saggi complementari, per un'estensione di circa cinquemila metri quadri, sono stati effettuati in aree periferiche.

Il lavoro condotto sull'area circostante alla città romana ha quindi permesso di analizzare l'occupazione del territorio, di ricostruirne la rete stradale, di studiare il ponte sul torrente Carapelle, l'acquedotto e l'antica necropoli. Per chi studia archeologia il caso Herdonia ha in un certo senso fatto scuola: sul sito, riportato alla luce da campagne di scavo sistematiche e non da cosiddetti interventi «d'emergenza», esiste una poderosa documentazione. Le campagne di scavo si sono concluse ormai dodici anni fa e appaiono tutte documentante negli undici volumi della collana «Ordona». Senza contare che l'area archeologica ha anche ospitato campi scuola internazionali di archeologia.

Il degrado di oggi
Purtroppo il sito pugliese in quanto a conservazione non rappresenta un caso altrettanto esemplare. «I tentativi di esproprio del ministero – spiega il vicesindaco Di Trani – non hanno sortito effetto, in seguito alle impugnative dei proprietari dei suoli. La famiglia Cacciaguerra - continua il membro della giunta comunale - ha a sua volta fatto controproposte al ministero sugli importi necessari a chiudere il contenzioso, ma da quello che sappiamo mancherebbe ancora un accordo sul premio di rinvenimento». Anche il comune nel frattempo a provato a muoversi: «Abbiamo effettuato una nostra offerta – prosegue Di Trani – per rilevare l'area e renderla pubblica, anche in questo caso senza esito». E, fino a che non si troverà la quadra, le strade un tempo battute da Annibale e dal suo esercito resteranno appannaggio delle pecore.

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