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Questo articolo è stato pubblicato il 25 ottobre 2012 alle ore 11:23.

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L'uomo che ha reso il comunismo una moda intellettuale è chiuso in una tomba col nome sbagliato: Munzenberg anziché Münzenberg. Lui, Wilhelm, è sepolto a Montagne, Francia, dal 1940: di un tedesco in quegli anni non era ragionevole darsi pena.

Ma Willi – tutti lo chiamavano così – è stato il capo della propaganda sovietica in Occidente; dell'alter ego Göbbels non aveva l'ortodossia ideologica né il vantaggio di giocare in casa.
Il primo a capirne l'importanza è uno pratico di comunismo: Solzenicyn lo immortala in Lenin a Zurigo, «mai pago» delle certezze del futuro dittatore, scandite al Club dei Birilli. Willi inventa il marketing della rivoluzione. È a lui che si deve la diffusione di grandi classici della comunicazione politica: consenso attraverso il sostegno a cause impossibili da avversare (pace, lotta alla fame nel mondo, progresso), uso del vip come garante di credibilità, raccolta di firme, marce. François Furet lo battezzerà «Murdoch di Stalin».
Con l'ascesa del nazismo Münzenberg si esalta. Ancora Furet scrive, dopo l'incredibile regia che al processo per l'incendio del Reichstag di Berlino permise a Willi di mandare assolti quattro comunisti, tra cui Dimitrov: «Münzenberg inventa allo stalinismo il volto nuovo del comunismo antifascista».

La vetta del trionfo mostra una crepa: l'eminenza grigia che organizza "visite guidate" a Mosca per intellettuali "compagni di strada" non può non vedere l'abisso tra il Mondo nuovo e il gulag. Una rottura lo precipiterebbe nell'inferno delle purghe che, dal '34, inghiotte parenti e compagni. Il patto Ribbentrop-Molotov non lo coglie di sorpresa: alla firma, Willi dirige da qualche mese Die Zukunft (Il futuro), rivista che anticipa una coalizione intellettuale di liberali che si battono per la ricostruzione democratica. Con articoli di Joseph Roth, Stefan Zweig, Nitti, don Sturzo, Nehru, Thomas Mann, Freud, Huxley, Herbert Wells, Somerset Maugham, Nenni, Aron, Silone. Solo la Wehrmacht in Francia ferma le stampe.

La polizia segreta sovietica e le camicie brune lo braccano: Willi scappa da un campo di internamento vicino a Grenoble nell'estate del '40: il cadavere sarà trovato in ottobre sotto una quercia, con una corda al collo, a due passi da Montagne dove oggi riposa. Il medico legale parlerà di suicidio, la compagna Babette di Stalin. «Perché non vai a Mosca? Ti spiegheranno tutto», gli aveva chiesto mesi prima. «No, mi fucileranno e dopo dieci anni mi riabiliteranno, dicendo che si erano sbagliati», rispose lui. È bastato dimenticarlo.

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