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Questo articolo è stato pubblicato il 28 ottobre 2012 alle ore 08:27.

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A rimuovere la letteratura religiosa dall'orizzonte del canone letterario aveva già cominciato Dante, nella Vita nuova, quando fa nascere la poesia volgare dal desiderio di cantare l'amore e di farsi capire dalle donne. Lascia così ai margini, fra l'altro, quei testi di straordinaria potenza che sono le laudi di Jacopone da Todi. La scarsa visibilità della letteratura religiosa è continuata a lungo, fino a diventare parte di un vasto continente da riscoprire, come esortava a fare in anni ormai lontani Giuseppe De Luca.
Oggi la situazione è cambiata, ed è in continuo movimento: agli studi raffinati di Giovanni Pozzi sulla predicazione, le mistiche, i carmi figurati, si sono affiancati in anni recenti molti studi: in Italia ad esempio quelli promossi dalla Fondazione Michele Pellegrino, coordinati da Maria Luisa Doglio e Carlo Delcorno, il cui ultimo prodotto è il bel libro di un giovane ricercatore (Francesco Ferretti, Angelo Grillo e la poesia dei benedettini cassinesi, Bologna, Il Mulino, 2012). Nel mondo anglosassone la riscoperta dei testi religiosi è diventata parte importante dei gender studies, interessati a recuperare gli esempi di una scrittura femminile che i canoni dominanti negli studi hanno cancellato o sottostimato. Abbiamo ad esempio recensito sul «Domenicale» il libro di Jane Tylus su santa Caterina da Siena (25 gennaio 2009) e la ricerca che Virginia Cox ha dedicato agli scritti delle donne fra il 1400 e il 1650 (6 dicembre 2009).
Della letteratura religiosa dà ora un agile ed efficace profilo il libro di Rita Librandi che, secondo l'impostazione della collana in cui si inserisce, da lei progettata e diretta, L'italiano: testi e generi, intende essere in primo luogo uno strumento didattico (il saggio introduttivo è seguito da una antologia di testi e da una preziosa bibliografia) e si propone di ripercorrere, all'interno dei vari generi, lo stretto intreccio che nel nostro paese si è verificato fra storia della lingua e storia della letteratura. In questo caso, tuttavia, si è fatta una scelta tematica piuttosto che di genere (e anzi, come si spiega nell'introduzione, alcuni generi della letteratura religiosa, come il teatro e il poema sacro, restano fuori). La ragione della scelta è legata al ruolo che la Chiesa ha svolto nella diffusione della lingua italiana attraverso la predicazione, l'azione pastorale, l'insegnamento del catechismo, attraverso lo sforzo di raggiungere anche gli strati più bassi della popolazione, di parlare a quel vastissimo pubblico di analfabeti e semialfabeti che così a lungo ha caratterizzato il nostro paese.
Questa è la linea critica che percorre il libro e che sta alla base delle scelte fatte nel l'antologia dei testi, per cui ad esempio si presta attenzione «al cattolicesimo popolare di Sturzo e alla comunicazione dei pontefici piuttosto che agli scrittori cattolici del secondo Novecento». Proprio nell'ottica della comunicazione, tuttavia, un grave problema è costituito dal fatto che, fino al Concilio Vaticano II, la liturgia della Messa è in latino; inoltre c'è una forte resistenza della Chiesa contro la traduzione delle sacre scritture in volgare, almeno nell'età del Concilio di Trento, tanto che dal 1567 al 700, in Italia non si stampa nessuna Bibbia in volgare. L'autrice si confronta con questi problemi e in particolare dedica un informato capitolo alla traduzione della Bibbia.
La sua tesi è però quella enunciata fin dall'inizio: «non può stupire o indurre a interpretazioni condizionate dalla nostra sensibilità di moderni che la lettura e l'interpretazione delle Scritture rimanessero sotto il controllo ecclesiale». Concordiamo con l'autrice che il rischio dell'anacronismo è sempre in agguato; è vero tuttavia che le scelte della Chiesa vennero puntualmente messe in discussione, già a partire dal Medioevo, dai movimenti ereticali, che fecero dell'uso del volgare una bandiera, e furono spesso contestate all'interno stesso della Chiesa, sia pure da una minoranza.
Alla scrittura religiosa femminile l'autrice dedica particolare attenzione, mettendo a frutto anche le personali ricerche da lei svolte in precedenza. È il caso di Domenica da Paradiso (1473-1553), una mistica fiorentina che predicava alle sue consorelle, ascoltata anche, da dietro le grate, da un piccolo pubblico maschile. Una situazione che poteva apparire scandalosa, dato che non solo ai laici, ma alle donne in particolare, è proibito predicare: «le donne nelle assemblee tacciano, perché non è loro permesso di parlare… Se vogliono imparare qualche cosa, interroghino a casa i loro mariti» aveva scritto san Paolo nella prima lettera ai Corinti. E io farò come disse san Paolo, predica Domenica: vado a casa e chiedo al mio sposo, Gesù Cristo, di istruirmi. Il diretto rapporto con Dio diventa così un'alternativa alla mediazione maschile e sacerdotale e dà alla donna un'autorità altrimenti impensabile: il padre spirituale di Domenica, ricorda Rita Librandi, «canonico della chiesa di San Lorenzo in Firenze e studioso di cultura umanistica, non sdegnava di interrogarla per avere spiegazioni sulle Scritture».
È un percorso rapido e suggestivo attraverso la letteratura religiosa quello che questo libro ci propone: si parte dal Cantico di frate Sole di san Francesco e si finisce con la preghiera di Paolo VI per la messa funebre di Aldo Moro, dove il dolore diventa "ineffabile", avocando dunque a sé un aggettivo che, come ha scritto Luca Serianni, la tradizione poetica usa per definire i misteri della fede o la beatitudine del paradiso. I testi sono scelti e commentati con una cura che ci rende desiderosi di leggere di più. Ma già da queste pagine esce un quadro che spinge a ripensare i complessi rapporti tra sacro e profano nella nostra letteratura, e la varietà di linguaggi in cui la letteratura religiosa si esprime: accanto alle opere di Vittoria Colonna, Tasso, Marino, Metastasio, Manzoni, troviamo il romanzo di don Bosco Angelina o l'orfanella degli Appennini, in cui una fanciulla ricca e colta fugge da casa perché i genitori non vogliono che diventi monaca. E fra le canzoncine spirituali di san Alfonso de' Liguori, ecco Tu scendi dalle stelle, a riprova di come questo tipo di letteratura abbia plasmato per secoli la nostra memoria e la nostra sensibilità.

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