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Questo articolo è stato pubblicato il 01 novembre 2012 alle ore 09:00.

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(Corbis)(Corbis)

Forse perché siamo il Paese della cena di Trimalcione e dell'assalto ai forni, di Totò che s'infilava gli spaghetti in tasca mischiando miseria e nobiltà e della mefistofelica «Grande abbuffata».
Fatto sta che gli italiani, nei giorni di festa, si riconoscono a tavola. Non fa eccezione il cosiddetto «ponte dei morti» per il quale il Concilio Tridentino predicava digiuno e astinenza. Anzi: tradizione popolare ha voluto che i piatti più noti e diffusi del giorno di Ognissanti e di quello della commemorazione dei defunti fossero proprio dolci, quasi a compensazione degli amari pensieri che possono venire in mente per certe ricorrenze. Come dire: zucchero e qualche frutto di stagione per riconquistare il gusto della vita, anche dopo le dure prove cui può sottoporrci. E a ciascuna tradizione regionale, il suo dolce.

Le ossa dei morti dalla Sicilia in su
Ponte dei morti, tempo di torrone. Dolce povero ma irresistibile. E la variabile più celebre del succulento quanto duro impasto tra zucchero e mandorle (o nocciole) è rappresentata dalle ossa dei morti, altrimenti dette «scardellini». Un dolce che dalla Sicilia ha conquistato il resto d'Italia - e specie il Sud - per la forma (quella appunto di una tibia in miniatura) e la durezza caratteristica. È in particolare a Sciacca che la tradizione è più sentita: qui per l'occasione viene allestita presso il viale della Vittoria una fiera di bancarelle di giocattoli, mentre le pasticcerie tirano fuori, oltre agli scardellini, l'immancabile frutta martorana (dolci di pasta di mandorla dalle forme più svariate). A Palermo invece impera il tetù, biscotto ad alto contenuto di mandorle. Roba da intenditori.

Dalle pabassinas al bustrengolo
Anche la Puglia è una regione che ha un rapporto speciale con il culto dei defunti. Tra Foggia e Barletta, in particolare, le famiglie preparano la colva, curiosa abbinata di grano e melograno. Sempre alla categoria «home-made» possono essere ascritte le pabassinas sarde: rombi di farina, mandorle e strutto ricoperti di glassa e zucchero colorato. Se siete a dieta, statene lontani. Vale pure per il bustrengolo, una specie di tortino dalla forma improbabile a base di pinoli e uva passa che va per la maggiore nelle località umbre. Dolce sì, ma con quel pizzico di sale che lo rende spiritoso. Più per i grandi che per i piccini, insomma.

La «disputa» del castagnaccio
L'Italia centrosettentrionale tende a festeggiare Ognissanti con il castagnaccio in tavola. Ma fate parecchia attenzione: il dolce in oggetto può cambiare a seconda dalla regione in cui lo si ordina. La versione più celebre è probabilmente quella toscana. Essenziale, quasi spartana: una torta bassa di farina di castagne che si mangia a tranci. Al massimo la si decora coi pinoli. In Piemonte la preparazione appare molto più articolata: ci finiscono dentro amaretti sbriciolati, miele e noce moscata. Comunque, guai a dire a un piemontese che il castagnaccio l'hanno inventato in Toscana e viceversa. In terra etrusca altro «must» è il pan co' santi, delizia soprattutto per chi ama l'uva passa.

Tra pan de' mòrt e fave dolci
Innumerevoli pure i dolci tradizionali del Nord Italia. Se capitate in terra lombarda c'è l'imbarazzo della scelta: i pan de' mòrt, piccoli pani di semi preparati due giorni prima della consumazione, contendono la scena al milanese pan de' mei che nacque per la festa di San Giorgio (23 aprile) ma finì presto per essere adottato da Ognissanti. Dolcetti irresistibili molto diffusi in Lombardia e Liguria - ma, per motivi ignoti, conosciuti anche in Lazio – sono le fave dei morti, altrimenti dette fave dolci. Di nuovo mandorle e pinoli nella ricetta. Di nuovo quella deliziosa semplicità che ti riconcilia con la vita.

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