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Questo articolo è stato pubblicato il 11 novembre 2012 alle ore 08:19.

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«Una volta, tanto tempo fa, c'era un tale poeta. Buon dio del cielo, finché ha ancora una musa e un'erezione, fa in modo che domattina il sole non sorga». Quel poeta è Osip Mandel'štam, alla cui memoria Andrea Zuccolo ha composto una pièce in quattordici quadri, intitolata L'epigramma a Stalin, rappresentata la scorsa estate al festival Mittelfest di Cividale del Friuli, e ora pubblicata in un agile libro. Proprio quello sprezzante componimento contro il dittatore, definito «il montanaro del Cremlino», costò a Mandel'štam un arresto nel 1934 e tre anni di confino a Voronež, negli Urali. Arrestato una seconda volta, nel 1938, fu mandato in Siberia, dove morì in un campo di transito nei pressi di Vladivostok. Nonostante la censura, la debolezza fisica e la fragilità psichica, il poeta scrisse fino alla morte, circondato dalla moglie Nadežda, dal l'amante Zinaida e dai pochi amici, tra cui Boris Pasternak e Anna Achmatova.
Confessatosi colpevole, nemmeno di fronte a Stalin l'artista ritrattò le proprie idee, autocondannandosi all'esilio e alla segretezza: pur di sfuggire alla censura, costrinse la moglie a mandare a memoria i suoi versi, o a trascriverli su cartine di sigaretta e su bigliettini da nascondere negli slip. A Pietroburgo «dove abbiamo sepolto il sole», l'atmosfera è brumosa e gelida, un'aspra landa di sentimenti precari, vite spezzate, suicidi tentati. Eppure, «ciò di cui ha bisogno la Russia è più follia e meno buon senso»: contro la lucida spietatezza del dittatore, capace di uccidere la moglie a sangue freddo, sopravvivono solo la parola poetica, il balbettio allucinato dell'artista, le fughe oniriche. Anche i poeti colleghi non sono all'altezza del coraggio di Osip, non sanno confortare né proteggere: l'affetto si rattrappisce, a meno trenta gradi, l'amante tradisce, il sonno scompare. «Può darsi che non ti sia necessario, / notte, dall'abisso dell'universo / come la conchiglia senza perle». La moglie è tutto ciò che lo tiene in vita: la sua diafana musa, autocondannatasi a una vita da vedova: «Non si respira, e brulica di / vermi / il firmamento, e non c'è astro / che parli, / ma, Dio lo vede, sopra noi c'è / musica». Ma Orfeo non suonerà più dopo esser disceso in un Ade ghiacciato.

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Andrea Zuccolo, L'epigramma a Stalin. In memoriam Osip Mandel'štam, Edizioni Mittelfest, pagg. 79, s.i.p.

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