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Questo articolo è stato pubblicato il 13 novembre 2012 alle ore 12:20.

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A Cheap and III- Fitting Gorilla Suit - Angus Fairhurst - 1996 - pelliccia sintetica, quotidiani e cartone | Fake fur, newspaper, cardborad 182.8 x 244 x 53 cm - Image credit © The Estate of Angus Fairhurst, courtesy Sadie Coles HQ, LondonA Cheap and III- Fitting Gorilla Suit - Angus Fairhurst - 1996 - pelliccia sintetica, quotidiani e cartone | Fake fur, newspaper, cardborad 182.8 x 244 x 53 cm - Image credit © The Estate of Angus Fairhurst, courtesy Sadie Coles HQ, London

C'è un filo rosso che lega idealmente Andy Warhol all'artista britannico Damien Hirst, un Leit-motiv che accomuna l'opera del più noto esponente della Pop Art americana alla produzione dell'enfant terrible della scena artistica inglese. E' il tema della morte, presente nei Suicidi, nelle Crash series, nelle Sedie elettriche, nel ritratto di Marylin Monroe e nelle immagini dell'assassinio di John F. Kennedy, realizzate da Warhol, e nella quasi totalità delle opere di Hirst. Dalle carcasse di animali sezionate e immerse nella formaldeide al posacenere gigante colmo di mozziconi di sigarette, dalle teste di vitello divorate dalle mosche al ristorante chiamato Pharmacy, dagli armadi colmi di strumenti chirurgici sino alle bacheche e ai barattoli contenenti esemplari di pesci e cadaveri di rane, dalle vetrine piene di scheletri di animali e degne di figurare in un museo di scienze naturali sino al preziosissimo teschio di diamanti, ogni opera di Hirst rivela sua spiccata attrazione per il comune destino di ogni creatura vivente.

Che la sua sia addirittura una sorta di ossessione è del resto dimostrato da una mostra che riunisce cinquanta opere appartenenti alla sua collezione Murderme (oltre duemila pezzi), lavori firmati da artisti famosi appartenenti a diverse generazioni, che quasi sempre alludono – in termini metaforici o diretti – alla morte. Dalla fine degli anni '80 Hirst ha cominciato ad acquistare opere dai suoi compagni di studi e da artisti emergenti e poi, divenuto, famoso e notoriamente ricco, si è potuto permettere pezzi più importanti. Così i lavori di Franz Auerbach, Francis Bacon, Pablo Picasso, Alberto Giacometti, Richard Hamilton, Mario Merz, Bruce Nauman, Andy Warhol, si sono affiancati a quelli di artisti più giovani, come John Currin, Mat Collishaw, Jeff Koons, Gary Hume, Tracey Emin, Angus Fairhurst, Sarah Lucas, Rachel Whiteread, Gabriel Orozco, Banksy e altri ancora.

E' il teschio, simbolo universale della caducità dell'esistenza umana, il soggetto che ricorre più frequentemente nella sua collezione, declinato con linguaggi e materiali diversi, e che ritroviamo in una sorta di wunderkammer che la curatrice della mostra Elena Geuna ha voluto allestire come un insistito memento mori con maschere funebri, reperti antichi, vanitas del XVII e XVIII secolo, foto d'epoca e calchi di teschi di diversi periodi, oggetti tutti appartenenti all'artista.

Hirst renderà presto fruibile al pubblico e per intero la sua collezione in uno spazio di Newport Street a Londra e nel Toddington Manor, in Gloucestershire (un castello acquistato anni fa per 3 mln di sterline). Il collezionismo – ha detto – è un'attività emozionante, anche se al tempo stesso pericolosa, quasi come una droga. Rivelando così di essere un vero collezionista, che cova il desiderio,

forse solo per ora inappagabile, di avere per sé – se non proprio il Saturno che divora i suoi figli di Goya (di proprietà del Prado e dunque inalienabile) – almeno un trittico di Francis Bacon o il coniglio di Jeff Koons.

Freedom not genius
Opere dalla Collezione Murderme di Damien Hirst
Pinacoteca Agnelli, Lingotto, via Nizza 230, Torino
Fino al 10 marzo
10-19 da martedì a domenica | Chiuso il lunedì
7 € intero, 6 € ridotto e gruppi, 3,50 € scuole e bambini dai 6 ai 16 anni;
gratuito da 0 a 6 anni.
tel +39 011 0062713 | fax +39 011 0062712

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