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Questo articolo è stato pubblicato il 16 novembre 2012 alle ore 18:00.

Siete musicisti emergenti? Almost Famous recensisce solo musica indipendente. Inviateci demo, Ep e album più o meno auto-prodotti all'indirizzo almostfamous.ilsole24ore@gmail.com. Parleremo di chi ha tante idee e pochi soldi per realizzarle. Spietatamente

Camicia sdrucita, tatuaggi che sembrano gli arazzi dell'omonima sala vaticana, pantalone lordato da chissà quali schifezze, scarponi bucati e riparati grossolanamente col nastro isolante. Accanto a lui, una signorina magra e seminuda, trucco pesante e sbavato. Si presenta male, malissimo Frankie Magellano, alter ego del cantautore emiliano Matteo Morgotti. È il caso di dirlo: fa parte del personaggio, questo improbabile abitatore dei bassifondi inventato nel '95, «morto» nel 2008, resuscitato un anno fa e adesso protagonista di «Adulterio e porcherie», secondo album dato alle stampe per Muki Edizioni.

Il disco, inciso negli studi Dudemusic che salutarono le gesta di un giovane Luciano Ligabue, potremmo definirlo una «mezza» stagione all'inferno, tra i demoni di Tom Waits, Vinicio Capossela, Pier Vittorio Tondelli e – incredibilmente – lo spirito di un Adriano Celentano anni Ottanta. Si parte con l'unza-unza time di «Djievuska Incintissima», sugli effetti collaterali del mestiere di prostituta vissuti da una ragazza slava con quella «protuberanza» che «non fa parte del copione». Un po' tango e un po' mambo «Gravidanza sicura» che, in quanto ad arrangiamento, fa pensare all'Adriano nazionale pur bazzicando temi ben diversi. Perché il pezzo in questione è soprattutto una preghiera per chiedere alla Divinità di riferimento «ebbrezza da commedia».

Arriva poi «La favola del pasticciere», ballad amorosa in seconda persona che funziona come una specie di elogio dell'infedeltà. Il lato pop di Magellano. Immaginario caposseliano, atmosfere musicali di nuovo zingaresche per «Il tramonto della rana pescatrice» con il violino di Filippo Chieli che detta legge. Stesse coordinate per «La zazara», tormentone balcanico sull'insostenibile irrequietezza dell'insetto più antipatico in circolazione che «continua ad infastidire gli atti impuri dentro alla camera». Riaffiora il pop in «La delicatezza dell'inganno», roba che, se non fosse per il piano insistente di Pippo Bartolotta, verrebbe da ricondurre allo stile del Jovanotti più melodico.

Ci scappa pure un tango: «Il taccuino del sagrestano», meditazione amara sulla sorte di chi costruisce la propria felicità «sull'altrui sofferenza». Si scrive «Arnaldo Pininfarina», si legge Tom Waits: abboccamento sudamericaneggiante alle innumerevoli incognite della vita sexy. Sempre agli appassionati di «Swordfishtrombones» consigliamo «La retrocessione del Giulianova» e «Cane palustre». Il primo è un poemetto costruito sul contrabbasso di Andrea Moretti che ragiona di carni andate a male e appetiti grevi. Un inventario bestiale che si spezza con il celestiale intermezzo pianistico. Umori swamp e versi di animali randagi condiscono «Cane palustre», forse il debito più grande di Magellano con l'arte di Capossela.

Chiude il discorso «Amore mio fallimentare», testo della buonanima di Pier Vittorio Tondelli. E si vede: scrivesse così di suo il signor Morgotti, ne vedremmo in tanti che a scappellarsi al suo cospetto. Nonostante tutto, resta un cantautore carismatico, irriverente e visionario. Ma soprattutto sexy.

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