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Questo articolo è stato pubblicato il 23 novembre 2012 alle ore 17:13.

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Il "Viaggio" vissuto come ancestrale forma di conoscenza dell'arte e di un popolo, è quello compiuto lo scorso autunno in Cina da Irene Kung mossa dalla curiosità che la fotografa aveva per il continente prima di allora sconosciuto. Da questa esperienza sono nate le immagini che popolano la personale dell'artista (la seconda dopo quella del 2007), che propone la Galleria Valentina Bonomo a Roma.

Ed è proprio l'attenzione che la fotografa ha rivolto alla Cina ed alle sue opere più significative, il nucleo focale dell'esposizione con una selezione di 18 scatti fra quelli realizzati in Asia; oltre alle foto europee e più recentemente a quelle capresi. Un " ritratto del luogo" è quello che ci si appresta a vedere quando ci si trova di fronte alle foto di questa artista; si passa da strutture di antichissime origini a quelle costruite per le Olimpiadi utilizzando le più moderne tecnologie, ma ciò che maggiormente affiora è la dimensione onirica alla quale non si può non sottostare, sogni diurni, ad occhi aperti; Daydream appunto, dal titolo della mostra (poiché gli edifici sono stati immortalati nella luce del giorno).

Come sottolinea Irene: "Da vera turista mi sono recata a visitare le arie più importanti, Pechino mi è piaciuta più di Shanghai, ma la cosa che mi ha emozionata maggiormente è stata Pingyang, quasi un presepe cinese. Le mie foto hanno dei tempi di elaborazione lunghi, proprio per ottenere l'effetto desiderato. Quella più complessa è la Moschea di Xian dalla quale ho dovuto eliminare ogni passaggio umano, di conseguenza ho ricostruito l'immagine più volte per renderla leggibile".

Più che a dei monumenti architettonici le sue opere fanno riferimento a delle visioni, vere proiezioni dei luoghi della memoria. Il suo lavoro dimostra la grande padronanza del mezzo che le permette di costruire una identità dell'immagine molto personale, paragonabile a quella di nessun altro. Irene è già a conoscenza di quale sia il risultato che vuole raggiungere, lei "sente" ciò che andrà a fissare con l'obiettivo, un vedere fotografico che ha molto a che fare con una cura dei dettagli di cui è possibile avere percezione solo quando ci si trova davanti allo scatto compiuto. Le costruzioni immortalate sembrano avamposti di altri pianeti, miraggi che si affacciano dalle dune.

L'artista decodifica particolari delle architetture che "mette in luce" come fossero studi pittorici preparatori, e per questo si rimanda alla prima vocazione di Irene per la pittura. La sua straordinaria tecnica è strettamente correlata al modo in cui tratta digitalmente le immagini. Si fondono in esse la potenza dei paesaggi, gli elementi prettamente strutturali e la dimensione indomabile della natura. Lo spazio intende imporsi scevro da precise connotazioni urbanistiche. In questo modo è possibile delineare accostamenti fra i vari landmarks delle metropoli come il Louvre e la Piramide di Cheope, o le nuvole e le onde del mare.

Particolarmente interessante lo scatto della Grande Moschea di Xian eretta nel 742, sospesa fra cielo e terra. Si prosegue con Bird's Nest, (lo stadio nazionale di Pechino realizzato in occasione dei giochi olimpici, dallo studio Herzog & de Meuron in collaborazione con Ai Weiwei), la cifra stilistica resta quella della sospensione; l' Opera House di Pechino (vanta 2.398 posti) intravista stazione orbitante da Odissea nello Spazio. La visuale di Pingyang che si confonde con l'orizzonte; la cima dell'edificio della CCTV (China Central Television, o la Città proibita di Beijing, patrimonio dell'Umanità, che perde definitivamente ogni connotazione umana.

Nella loro totale pienezza, nella loro bellezza puramente formale, nulla può distogliere l'attenzione dalla luce. In queste foto si ritorna all'origine del termine di "primo artefice" coniato da Anassimandro per definire l'arte di erigere monumenti, e ne consegue la sintesi perfetta fra talento e scienza come si intende l'Architettura nella Metafisica di Aristotele. Principi che appartengono alla fotografia di Irene, la forma coniugata ai fondamenti dell'arte visiva. O più semplicemente come l'architettura la concepisce Le Corbusier " gioco sapiente, rigoroso e magnifico dei volumi nella luce".

Irene Kung «Daydream»
Fino al 24 novembre
Galleria Valentina Bonomo
Via del Portico d'Ottavia, 13 -
Roma

www.irenekung.com

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