Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 23 novembre 2012 alle ore 17:13.

My24

Davvero non è facile parlare dell'opera del poeta e cantante Alberto "Dubito" Feltrin, scomparso a soli ventun anni nell'aprile di quest'anno. Così come non è stato facile per i curatori – lo si legge bene nella nota introduttiva – raccogliere una selezione di immagini e parole da un lascito già molto vasto.

Chi decide di porre fine alla sua vita così giovane riverbera ogni sua parola di una luce molto difficile da eludere: ne testimonia la radicalità, l'importanza assoluta. Anche per questo occorre leggere con attenzione questo libro: senza chiudere gli occhi di fronte agli alti e bassi o a certe, ovvie immaturità: ma lasciandosi trasportare dal talento multiforme che lo pervade. La poesia di Dubito sfida il disagio e non si piega al genere del racconto generazionale: cerca il conflitto con la realtà senza limitarsi a fotografarla. Gioie, abbandoni, pomeriggi passati a fumare, viaggi improvvisi, scheletri di grattacieli contro la luce d'inverno, amori "che sfiorano i 40hz": tutto il caleidoscopio di vertigine e disagio dei vent'anni che domanda innanzitutto una risposta.

La sua lingua è intimamente musicale, e anche per questo trova una collocazione perfetta nell'album del suo gruppo – i Disturbati della Cuiete – dal titolo La frustrazione del lunedì (e altre storie delle periferie arrugginite), e a breve disponibile su diversi siti di download digitale. Un disco maturo e sorprendente, che colpisce per la varietà dell'ispirazione: un hip-hop contaminato, sperimentale, a tratti visceralmente punk. Ascoltarlo è il modo migliore per dare completezza all'intero lavoro di Alberto Dubito: un poeta che di fronte allo stordimento dell'epoca, pretende resistenza. (Pensando alla sua terribile fine potrà sembrare contraddittorio: ma non lo è. Come per i suoi fratelli ideali – penso a Stig Dagerman, ad esempio – l'eredità che ci lascia è un'eredità di coraggio).

Ma più di tutto, che sia cantata o scritta, è importante sottolineare quanto la sua parola sia priva di cinismo e pervasa invece da un'urgenza autentica, che non si preoccupa di apparire ingenua, perché vuole innanzitutto ferire il lettore. Impedirgli di restare indifferente o persino soddisfatto: è appunto la quiete che disturba, e questa è lirica inquieta. Erravamo giovani stranieri e le canzoni dei Disturbati ci pongono dunque il problema nudo: che ne facciamo di questo tempo? Davvero siamo destinati ad arrenderci? O siamo ancora in grado di sentire il dolore e la meraviglia, fuori da ogni anestesia? La risposta è insieme elementare e definitiva: "e no, non dirmi che ormai ho vent'anni e delle belle lettere / dovrei disfarmi, perché non rimango nulla e rimango qua / tra gli sfatti che a patti son sceso fin troppo."

In una recente intervista, Adam Zagajewski suggeriva che forse il compito della poesia è essere vigili davanti al mondo che ci assedia. Se così è, si tratta di un compito che l'opera di Alberto Dubito assolve pienamente.

Alberto Dubito
"Erravamo giovani stranieri"
Agenzia X
pp. 160, €13

Commenta la notizia

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi