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Questo articolo è stato pubblicato il 18 novembre 2012 alle ore 14:51.

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È stata un'edizione piena di polemiche quella del Festival del film di Roma che ha visto il contestatissimo film E la chiamano estate di Paolo Franchi incassare sia il premio della giuria che quello alla miglior attrice andato a Isabella Ferrari tra fischi e applausi. Un film che narra la storia di una coppia che vive una difficile sessualità, che alla settima edizione del festival capitolino aveva incassato molti fischi e pochi applausi. "Una scelta difficile – ha commentato il presidente di giuria Jeff Nichols annunciando il premio a Franchi - un film che ha fatto arrabbiare molti di noi e molti di voi. Un lavoro comunque che non lascia indifferenti, coraggioso, che può essere amato o odiato". Franchi si è detto orgoglioso "di aver fatto il film senza la tv" e ha ringraziato "una giuria coraggiosa come me e una Ferrari coraggiosa più di me. Fare film così ce n'è bisogno perché ormai il cinema è appiattito sulla televisione".

Franchi: nessuno è rimasto indifferente
«I fischi in sala Sinopoli e quel "vergogna!" urlato della platea? Me l'aspettavo, ero preparata e non mi ha turbato affatto» ha commentato Isabella Ferrari radiosa nell'incontro con la stampa alla fine del Festival Internazionale del Film di Roma incassando il premio della giuria di Jeff Nichols, a dispetto delle tante polemiche che l'hanno accolto in sala. «Non ci sono rimasta male oggi – ha detto l'attrice - ma quando abbiamo presentato il film: mi è dispiaciuto vedere il livore con cui é stato accolto. Diciamo che sono morta e rinata in tre giorni». Soddisfatto per la doppietta di premi anche Paolo Franchi. «Nessuna rivincita - dice il regista - anche perché avevo trovato interessante la reazione in sala, l'aggressione, al di là della maleducazione che é propria di questo Paese. Non ho voluto fare un film che fosse una provocazione, ma ciò che conta é che nessuno sia rimasto indifferente di fronte a questa pellicola». Isabella Ferrari, che è stata molto contestata ha invitato pubblico e giornalisti a essere «più curiosi e vedere il film senza pregiudizi».

Valentina Cervi: molte pellicole ci hanno violentato
«Il film di Paolo Franchi ha prestato il fianco a un certo tipo di malattia, la malattia di un uomo che a volte cade sì nel ridicolo ma che ci ha incuriosito e accompagnato», ha detto Valentina Cervi, giurata italiana nella sezione principale del Festival Internazionale del Film di Roma, spiegando perché la giuria ha consegnato ben due premi al film E la chiamano estate. «Ci siamo sentiti violentati da tanti film che ci sputavano in faccia una sorta di perfezione e conformismo cinematografico che puntavano sulla forza di certe regole. Il film di Franchi era diverso».

Larry Clark: non ho mai vinto niente
«Non ho mai vinto niente prima – ha detto Larry Clark, vincitore del Marco Aurelio d'Oro con Marfa girl - questo film lo ha visto Marco Muller sette mesi fa in versione non finita e lo ha subito scelto. Comunque andrà solo su internet perché a Hollywood mi hanno fregato troppe volte. Ti sorridono e poi ti pugnalano alle spalle. È stato girato a Marfa, un paese dove si vive un certo tipo di razzismo come negli anni cinquanta, una cosa davvero incredibile». Alan e Gabriel Polsky che per The motel life, hanno ottenuto il premio del pubblico e quello della sceneggiatura hanno parlato di un riconoscimento «del tutto particolare anche perché è il nostro primo film».

Il pieno di applausi per Alì
Ha fatto il pieno di applausi invece per il premio speciale della giuria andato al bel film di Claudio Giovannesi Alì ha gli occhi azzurrì (che ha ricevuto anche quello della miglior opera prima e seconda). Il lungometraggio in sala da due giorni, racconta una storia di integrazione al contrario di un ragazzo egiziano che vive ad Ostia. Il regista, 34 anni, diplomato al centro sperimentale di cinematografia, nel ricevere il premio ha chiesto al governo italiano: «di fare una legge che riconosca la cittadinanza italiana ai figli degli stranieri, perché questi sono la nostra ricchezza».

Venti di crisi sul festival
Sale mezze vuote, caro biglietti, forfait di star, Muller molto sulla difensiva e con qualche imbarazzo come quando ha dovuto giustificare l'assenza di Quentin Tarantino e del suo film Django Unchained di cui era stata annunciata una sorpresa («non è dipeso da me, non è pronto», ha detto). E Muller resta. «Ho un contratto di tre anni che intendo onorare. Se comincio un progetto di Festival lo porto avanti, sarei matto a mollare baracca e burattini» ha detto il direttore del festival rispondendo alle voci che si sono rincorse su una sua sostituzione subito dopo il festival. Meno 15% di incassi da biglietti (320mila euro) rispetto all'anno scorso (380mila).

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