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Questo articolo è stato pubblicato il 21 novembre 2012 alle ore 08:05.

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l rapporto tra libri e serie tv si basa su una spinta reciproca simile a quella di due carte da gioco che si sostengono a vicenda. Per fare un esempio: nelle due serie di maggior successo degli ultimi anni, Lost e Mad Men, si è dedicata particolare attenzione ai libri con cui riempire le biblioteche dei personaggi. Non più anonimi volumi in polistirolo, ma libri veri, pescati dalla storia della letteratura per fare da controcanto alle vicende raccontate. Sul versante cartaceo ci sono da una parte i libri scritti sull'onda del successo di una serie – per lo più saggi – e dall'altra le opere ispirate all'universo seriale ma interessate a raccontare anfratti distanti dalla trame principali. Infine, ci sono i libri fittizi, utilizzati come perno attorno al quale sviluppare la storia, come lo Zerstörung durch Fortschritte der Technologie di Fringe o The Blonde in the Woods di Bored to Death. Tra questi ultimi, meritano un posto speciale i libri finti che qualcuno si è poi preso la briga di scrivere.

Il primato va alla madre di tutte le serie tv odierne, Twin Peaks, in cui più volte si fa riferimento al diario segreto di Laura Palmer. Non solo è stato pubblicato nel 1990 dalla Penguin, ma l'autrice è nientemeno che la figlia di David Lynch, Jennifer. Coerentemente con la trama televisiva, anche qui manca la pagina del 23 febbraio, il giorno che precede il ritrovamento del corpo di Laura.

Le acrobazie notturne di Hank Moody, protagonista di Californication, hanno fornito la materia prima per il suo romanzo God Hates Us All. Nel 2009 l'americana Simon & Schuster ha deciso di pubblicarlo davvero a firma di Moody (ma l'ha scritto Jonathan Grotenstein) e con la nota copertina a caratteri bianchi e rossi su sfondo nero. Al suo interno si racconta la storia di un giovane ribelle che molla gli studi e decide di mantenersi con una modesta attività di spaccio.

Roger Sterling, socio dell'agenzia di Mad Men, è autore di un libro che si intitola Sterling's Gold: Wit and Wisdom of an Ad Man (Grove Press, 2010) e fa eco al classico del genere, quel Confessions of an Advertising Man che nel 1962 fece conoscere la penna di David Ogilvy al di fuori dell'ambito pubblicitario. Contrariamente a Ogilvy, Sterling non si lancia nel racconto dei suoi successi professionali, ma si limita a raccogliere osservazioni sull'ambiente della pubblicità americana degli anni Sessanta, indagando la realtà con l'occhio impietoso del veterano di guerra e la calma disillusa di chi ha le coronarie indebolite dagli eccessi. Bored to Death, infine, riserverebbe alcune chicche, ma bisogna pazientare. A meno di non voler credere che dagli archivi di Jim Jarmusch prima o poi uscirà la sceneggiatura sulla vita di Frank O'Hara di cui si parla nella seconda stagione, bisogna accontentarsi della voce di corridoio che vuole di prossima realizzazione un vero fumetto di Super Ray, l'eroe creato dalla mente di Ray Hueston che vanta come superpotere la possibilità di sconfiggere i propri nemici a colpi di pene.

Da un punto di vista tecnico, questi libri appartengono alla categoria dei tie-in, cioè delle opere derivate pubblicate in virtù di un regolare pagamento dei diritti d'autore. Una prassi più artigianale che artistica: lavorare su un personaggio inventato da qualcun altro significa mettere da parte il piacere dell'idea originale per lasciare spazio a quello dell'invenzione, dell'azione e della condivisione. È solo parte di un fenomeno di rielaborazione più ampio. Oggi, prima ancora di generare ritrovi e gadget, la fissazione per le serie preferisce viaggiare secondo le regole del web, producendo citazioni, parodie e discussioni sui social network: un indotto dove il denaro è soppiantato dalla produzione di contenuti. Gli appassionati sono alla ricerca continua di pretesti per prolungare il piacere e gli autori amano disseminare le serie di spunti che possano scatenare la fantasia creativa dei fan. Una via raffinata per dire che la storia, in qualche modo, continua.

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