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Questo articolo è stato pubblicato il 25 novembre 2012 alle ore 08:17.

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Il trentesimo compleanno del Torino Film Festival è cominciato tra le polemiche, a causa del forfait di Ken Loach, che non ritirerà il premio alla carriera, per solidarietà con alcuni precari di una cooperativa che lavora per il Museo del Cinema (il quale è in pratica l'"editore" del Festival). A Torino, dunque, ci sarà solo l'altro premiato, Ettore Scola, il quale ha ritenuto più saggio utilizzare l'occasione per parlare anche, eventualmente, della situazione spesso drammatica dei lavoratori meno protetti. Altre polemiche avevano segnato, nei mesi scorsi, questa ultima edizione diretta da Gianni Amelio, sempre con la collaborazione di Emanuela Martini: il festival di Roma che ha messo le date a ridosso di quelle torinesi; l'annuncio della non riconferma di Amelio arrivato in piena preparazione del festival.
In realtà, se c'è un luogo che non invita alle polemiche, e dove contano soprattutto i film, è il festival di Torino. Un evento che anima la città, popolato da un pubblico curioso. Senza tappeti rossi, con un budget piuttosto esiguo (un sesto di Venezia o Roma), il TFF permette ogni anno a fare il punto su quanto di buono e di poco noto c'è nel mondo, intravedendo le linee del cinema venturo. Il concorso, riservato alle opere prime, seconde e terze, vede tre film italiani inclassificabili e promettenti: il ritorno di Giovanni Columbu (autore di un bel film di oltre dieci anni fa, Arcipelaghi) con Su Re, rilettura della Passione; una specie di "diario filmato" del geniale disegnatore Gipi, dopo lo sfortunato L'ultimo terrestre (il titolo è Smettere di fumare fumando); un film che si muove nel nuovo, fecondo limbo tra documentario e finzione, Noi non siamo come James Bond, di Mario Balsamo. Per festeggiare il trentennale, torneranno a Torino alcuni registi che il festival ha contribuito a scoprire, da Pablo Larrain a Matteo Garrone. Il film d'apertura, Quartet (passato venerdì), era anch'esso un'opera prima, ma di un esordiente singolare come Dustin Hoffman. Nelle altre sezioni ci sono tra l'altro il nome di punta dell'horror contemporaneo (Rob Zombie), il decano del cinema sperimentale (Ken Jacobs), una delle più notevoli scoperte dei festival di questi anni (Miguel Gomes), nomi di punta del cinema indipendente Usa (come gli autori di American Splendor e quelli di Little Miss Sunshine), la versione 3D del travolgente Amleto teatrale di Filippo Timi. E un incontro con Franco Maresco e i frammenti del suo prossimo film, che rilegge gli anni berlusconiani a partire dai bassifondi di Palermo.
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