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Questo articolo è stato pubblicato il 26 novembre 2012 alle ore 15:53.

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Il cantante sudcoreane Psy si esibisce agli American Music Awards di Los Angeles (Afp)Il cantante sudcoreane Psy si esibisce agli American Music Awards di Los Angeles (Afp)

La Corea del Sud contemporanea venera tre icone: Lee Kun-hee, ceo del gigante mondiale dell'elettronica Samsung, Park Ji-sung, asso da esportazione della nazionale di calcio, e Park Jae-sang. Se quest'ultimo nome vi dice poco, dovreste provare col soprannome: stiamo infatti parlando di Psy, corpacciuto rapper, producer e ballerino 35enne che sta racimolando un bel po' di quattrini. Fino al 15 luglio di quest'anno era soprattutto un fenomeno musicale da local market, poi ha pubblicato il singolo «Gangnam Style» passando nel bene o nel male alla storia.

Disco di platino in sette Paesi e d'oro in due, premio per il miglior video agli European Music Awards di Mtv e record di oltre 820 milioni di visualizzazioni su YouTube. Quest'ultimo è forse il primato più impressionante che tributa a Psy l'indiscussa corona di re del K-pop (si chiama così la musica commerciale coreana): la clip, che vanta innumerevoli parodie in giro per il web, ha superato anche le performance di Justin Bieber, l'artista più cliccato di sempre. Due giorni fa YouTube ha sentenziato che il video di «Gangnam Style» è il più visto della storia. Nella musica commerciale esiste una legge: sono i numeri che fanno l'artista. E così il simpatico Park è arrivato a togliersi un bel po' di soddisfazioni, tra le quali un siparietto danzereccio sul palco della regina del pop Madonna.

Galeotto fu il balletto
Di cosa mai parla questa benedetta canzone? Il titolo fa riferimento al quartiere di Gangnam, il più ricco è prestigioso di Seul. Un po' come se in Italia uscisse un pezzo intitolato «Parioli Style», «Montenapoleone Style» o «Posillipo Style». E proprio all'esclusivissimo stile di vita del quartiere chic della metropoli coreana fa riferimento la clip nella quale la superstar se la spassa in spiaggia, alla corse, in sauna, su un campo di tennis indoor, in un autobus particolarmente kitsch, alle giostre, sotto un cavalcavia, nella metro e in piscina. Psy balla mimando il gesto del cavallerizzo come a sottolineare lo sport preferito dei suoi pari grado, mentre attorno a lui è tutto un fiorire di ancheggianti celebrità locali: dalla cantante dei 4Minute Kim Hyun-a a Hwang Min-woo, il bimbetto che ha incantato tutti nel corso del reality «Korea's got talent» che si produce in una specie di break dance.

Il ragazzo di Gangnam
Park Jae-sang sa bene di cosa parla quando canta «Gangnam Style»: viene da lì, è figlio di un ricco businessman che lo ha mandato a studiare economia negli Usa. La leggenda vuole che abbia usato il denaro inviatogli per pagare la retta per comprare strumenti musicali, fino a diplomarsi al Berklee College of Music di Boston. Poi è tornato in patria, dove ha debuttato con il primo dei suoi cinque album.

Un fenomeno da flash-mob
Il video ha avuto una diffusione virale da una parte all'altra del pianeta, trasformandosi in un vero e proprio catalizzatore di manifestazioni collettive auto-convocatesi e auto-alimentatesi sul web. Non si contano, infatti, i flash mob che a Parigi come a Bangkok, a Pasadena come a Roma hanno portato in piazza migliaia di persone che, abbigliate alla maniera del video, hanno riprodotto le movenze di Psy.

Fenomenologia di una hit
Quali le ragioni di questo successo travolgente? Proviamo a metterne insieme alcune. Innanzitutto quel ritmo house semplice, incalzante, ossessivo. E «nei ritmi ossessivi», come diceva l'assessore siciliano alla Cultura, c'è «la chiave dei riti tribali». Che altro sono i flash-mob se non riti tribali? Ossessiva – stavolta come un mantra – pure la ripetizione della formula rituale «Gangnam Style», tanto che hanno finito per impararla pure quelli che fanno una certa fatica a individuare la Corea del Sud sul planisfero. Il resto lo ha fatto un video che, agli occhi superficiali di noi abitanti dell'estremo Ovest, si reggeva su quella che potremmo definire un'estetica da «Mai dire banzai». Eggià, perché quella di Psy è in tutta probabilità una comicità preterintenzionale. E l'unica miglioria immaginabile per la sua clip sarebbe il commento off della Gialappa's Band che sottolinea ancora una volta quanto siano strani questi orientali.

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