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Questo articolo è stato pubblicato il 28 novembre 2012 alle ore 13:36.

«Se resti lucido una soluzione la trovi. E il consiglio che mi sento di dare oggi, a chi è nella condizione che ho vissuto io otto anni fa, è di non mollare». Wainer Molteni si commuove subito, quando la voce della lettrice recita la prima pagina del suo libro: «Io sono nessuno», edito da Baldini Castoldi Dalai.
La sua storia di clochard laureato a pieni voti alla Statale di Milano – con alle spalle un dottorato in Criminologia alla Normale di Pisa, un master di tre anni negli Stati Uniti nel quartier generale dell'Fbi, e un lavoro da caporeparto in una catena di supermercati italiani, assorbita poi da una nuova proprietà che ha tagliato il personale – dà voce a un esercito di invisibili che ancora lottano per sopravvivere.
La presentazione del volume avviene, non a caso, nel dormitorio di Viale Ortles a Milano, davanti a tanti clochard, spesso compagni di sacco a pelo di Wainer, ma ancora «imprigionati» in quella rete di assistenza che salva migliaia di persone dal freddo e dalla fame, ma che ancora non riesce a fornir loro gli strumenti per ricominciare da soli. Sì, perché la storia di Wainer, al contrario di molte altre, è una storia a lieto fine. Dopo tanti notti al freddo o lunghe file per mangiare e fare la doccia, dopo l'umiliazione di essere respinti perchè troppo qualificati o perchè senza fissa dimora, Wainer ha trovato la sua strada.
Prima di tutto per non morire: «Mi ha salvato la voce del servizio Sos della stazione Centrale di Milano. Una notte in cui ero disperato, un volontario ha risposto alla mia chiamata e il mondo mi ha sorriso di nuovo; ho capito che non ero più solo e che sarei sopravvissuto a quel momento». La vera riscossa di Wainer, però, è stata l'indipendenza. «Non si è liberi se si dipende dalla generosità degli altri, ma solo se ci si costruisce il proprio futuro». E questa è la sua vera storia: nel 2005 Wainer ha fondato insieme ai compagni di strada, il sindacato spontaneo «clochard alla riscossa», che gestisce un bar e una mensa a Milano e un agriturismo a Serravalle Pistoiese. Ed è al sindacato che andranno tutti i proventi della vendita del libro.
Un modo, ma soprattuto una rete, per far lavorare tanti senzatetto e offrire loro un futuro. «E' questo che dovrebbe garantire il centro di viale Ortles - afferma con rabbia davanti all'inusuale pubblico della conferenza stampa –: una strada per ricominciare!» L'atmosfera si fa calda e tra i clochard presenti c'è chi si alza per difendere il direttore del dormitorio, «angelo buono» che lo ha soccorso dopo anni di galera; chi urla la propria indignazione per la presenza «solo» di copie uniche di grandi classici della letteratura nella libreria della struttura; chi si indigna per la parola clochard, e con un italiano stentato ma con grande orgoglio rivendica la propria, dignitosa, condizione di bisognoso. Tante storie diverse, che con quella raccontata da Molteni hanno in comune la strada e la disperazione. «Vorrei leggere il tuo libro - grida svuotandosi le tasche un senza tetto tra il pubblico - ma costa diciassette euro! Io, al massimo, arrivo a due!».
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