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Questo articolo è stato pubblicato il 30 novembre 2012 alle ore 18:23.

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The Day Mishima Chose His Own FateThe Day Mishima Chose His Own Fate

Al Torino Film Festival il cinema asiatico è sempre grande protagonista: dopo «The Land of Hope» di Sion Sono, è arrivato il turno di «11-25: The Day Mishima Chose His Own Fate» di Koji Wakamatsu.
Il regista nipponico, scomparso lo scorso 17 ottobre, ha realizzato una delle opere più importanti e rigorose della sua lunga carriera, iniziata nel lontano 1963.

La data del titolo è il 25 novembre 1970, giorno in cui un uomo si suicidò all'interno del quartier generale del ministero della Difesa giapponese, pugnalandosi allo stomaco come previsto nel codice del samurai. Quell'uomo era Yukio Mishima, romanziere e intellettuale di grande fama, attivista di destra e seguace dell'ideologia tradizionale giapponese.
Concentrandosi sul periodo che va dal 1966 al 1970, il film racconta di come l'impeto nazionalistico del personaggio prenda il sopravvento sulla sua poetica, al punto da spingerlo a creare un esercito di giovani seguaci.
Attraverso una messa in scena volutamente asettica e distaccata, Wakamatsu rende il racconto biografico di Mishima ancor più inquietante e struggente: il coinvolgimento emotivo cresce con il passare dei minuti nell'attesa di scoprire la nota conclusione della sua triste e coraggiosa vicenda.

Una menzione speciale va all'intenso interprete Arata Iura, che aveva già lavorato con il regista in altre pellicole di spessore, come «United Red Army» (2007) e «Caterpillar» (2010).
Altro grande attore orientale è Choi Min-sik (noto in occidente per la sua performance in «Oldboy» di Park Chan-wook), protagonista di «Nameless Gangster» del sudcoreano Yun Jong-bin, presentato sotto la Mole all'interno della sezione Festa Mobile.
Il film si apre a Busan all' inizio degli anni '90, nel momento in cui un ordine del presidente in persona dà inizio a una forsennata lotta al crimine organizzato. Gli arresti sono all'ordine del giorno e tra le persone coinvolte vi è Choi Ik-hyun, un vecchio doganiere dalla dubbia moralità che, circa dieci anni prima, si era ritrovato tra le mani un carico di eroina con cui aveva iniziato a costruirsi una nuova (mala)vita.

Decisamente meno riuscito è «De jueves a domingo» dell'esordiente cilena Dominga Sotomayor.
Protagonisti sono Ana e Fernando, una coppia di giovani genitori che ha deciso di separarsi. Prima di dirsi addio, però, mantengono la promessa di fare un viaggio in automobile insieme ai loro due figli: Lucía, di dieci anni, e Manuel, di sette.
Nonostante le buone premesse iniziali, «De jueves a domingo» perde la propria spontaneità dopo poche sequenze, trasformandosi in un prodotto convenzionale e stereotipato.
La giovane Dominga Sotomayor, classe 1985, gira troppo a vuoto e i sottintesi metaforici che vorrebbe portare avanti non riescono a raggiungere lo spettatore come avrebbero dovuto.

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