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Questo articolo è stato pubblicato il 01 dicembre 2012 alle ore 17:14.

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Miguel Gomes, chi era costui? Tra le proposte più interessanti del Torino Film Festival 2012 una menzione speciale va alla rassegna, inserita nella sezione Onde, dedicata all'autore portoghese, ancora poco noto in Italia.
Nato a Lisbona nel 1972, Gomes è un regista che ama giocare con lo spettatore, attraverso forme narrative contorte e mai convenzionali.
La sua opera più significativa è «Tabu», presentata all'ultimo Festival di Berlino e riproposta sotto la Mole, dove arriva come uno dei titoli più attesi dell'intera kermesse.
Protagonista è Pilar, una signora di mezz'età preoccupata per l'anziana vicina di casa, Aurora, che vive in solitudine assistita da una badante capoverdiana.
Quando viene ricoverata, Aurora si rivolge a Pilar fornendole il nome e l'indirizzo di un uomo che vorrebbe al suo capezzale: quest'ultimo si rivelerà essere un antico amore della donna dei tempi in cui entrambi vivevano nell'Africa coloniale.
Girato in 16mm in bianco e nero, «Tabu» è un prodotto che omaggia il cinema muto (Friedrich Wilhelm Murnau in primis), a partire dalla notevole sequenza introduttiva in cui viene mostrato un film di cui Pilar è attenta spettatrice.
Miguel Gomes ha grande rigore formale e si appoggia costantemente a una fotografia d'indubbio fascino, accompagnata da sinuose composizioni musicali. Più vulnerabile è invece la sceneggiatura, in cui si alternano svolte narrative affascinanti ad altre ostiche ed eccessivamente ambiziose.

«The session» più convenzionale
Molto più convenzionale è «The Sessions», pellicola tratta da una storia vera, diretta da Ben Lewin con protagonisti Helen Hunt e John Hawkes.
L'attore interpreta Mark O'Brien, poeta e giornalista colpito dalla poliomielite all'età di quattro anni e da allora costretto a vivere collegato a un polmone d'acciaio. Compiuti i trentotto anni decide di perdere la verginità affidandosi a una professionista del settore.
Ispirato a un articolo dello stesso O'Brien, intitolato «On Seeing a Sex Surrogate», il film si mantiene in perfetto equilibro tra commedia e melodramma, unendo interessanti riflessioni sulle relazioni umane a battute divertenti, in grado di smorzare i toni di una vicenda così drammatica.
In pochi avrebbero scommesso su Ben Lewin, regista nato in Polonia nel 1946 e rimasto lontano dal cinema dai tempi di «Lucky Break» del 1994, ma anche grazie a una messa in scena precisa e ben strutturata «The Sessions» è dato come una delle possibili sorprese ai prossimi premi Oscar.
In odore di nomination anche John Hawkes, che si conferma uno degli attori più intensi della sua generazione.

Anna Karenina altalenante
Convince a metà, invece, «Anna Karenina», nuova trasposizione del romanzo di Lev Tolstoj del 1877, diretta da Joe Wright con Keira Knightley nel ruolo che in passato fu di Greta Garbo e Vivien Leigh.
Il regista ha buoni spunti creativi per aggiornare il capolavoro letterario dal punto di vista visivo, ma non ha il coraggio di portare le sue idee fino in fondo: ne risulta un prodotto altalenante, brillante nella prima parte ed eccessivamente piatto nella seconda.
Cast in buona forma, da Keira Knightley a Jude Law passando per il sempre più sorprendente Aaron Johnson, che veste i panni del conte Vronsky.

«Silent Youth» deludente
Deludente è infine «Silent Youth», opera seconda del tedesco Diemo Kemmesies dopo «Kapital» del 2008.
Ambientato nella Berlino odierna, il film racconta dell'incontro di due giovani, Kirill e Marlo, che camminano uno di fianco all'altro senza dirsi una parola. Nel loro silenzio si nascondono la paura di rivelare la propria identità, il bisogno di avere qualcuno accanto e la necessità di esprimere i propri sentimenti.
Efficace nell'approccio al tema di un'omosessualità ancora inconscia e sottaciuta, il film si perde con il passare dei minuti risultando ridondante e più superficiale di quanto dovrebbe essere.
Privo di idee degne di tale nome, «Silent Youth» procede con un accumulo di sequenze non necessarie, tese soltanto a far raggiungere alla pellicola la durata di un lungometraggio.

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