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Questo articolo è stato pubblicato il 09 dicembre 2012 alle ore 15:57.

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Mariano Fortuny, Ciclo Wagneriano, Le fanciulle-fiore, particolare, Museo-FortunyMariano Fortuny, Ciclo Wagneriano, Le fanciulle-fiore, particolare, Museo-Fortuny

Quando nel 2005 il Musée Rath di Ginevra allestì la mostra "Richard Wagner: visions d'artistes: d'Auguste Renoir à Anselm Kiefer" non c'era tra i quadri esposti nemmeno una tela di autore italiano. L'unica opera che all'Italia si poteva collegare era un quadro di Mariano Fortuny, catalano di origine, italiano di adozione.

E' partita da qui la sfida di Paolo Bolpagni per indagare le vie del wagnerismo in Italia, per cercare di capire se anche nella nostra penisola il gigante dell'arte ottocentesca, il genio titanico della musica romantica fosse stato ispiratore di un'arte che a lui si rifacesse, così come lo era stato per tutto il resto d'Europa. Il tema non era mai stato oggetto di studi mirati né tantomeno di eventi espositivi. Ma quella sfida partita sette anni fa sfocia oggi in una grandiosa e intrigante mostra curata dallo stesso Bolpagni e allestita da Daniela Ferretti proprio a Venezia, nella casa-museo di Mariano Fortuny.

"Fortuny e Wagner. Il wagnerismo nelle arti visive in Italia" è un omaggio al genio dei due artisti, ma anche a decine di altri pittori italiani che pure furono ammaliati dal mito wagneriano. Del resto quando Richard Wagner morì - a Venezia, il 13 febbraio 1883 – scoppiava in Europa la scintilla simbolista e gli artisti dell'epoca innalzarono il Maestro a baluardo della loro arte per l'innegabile suggestione che la sua musica esercitava e per quell'ideale di "arte totale" che innalzava l'esperienza artistica a universale e sublime armonia dei linguaggi.

Mariano Fortuny, affascinato dal teatro fin da bambino e attento studioso degli allestimenti, delle luci, dei meccanismi teatrali che lo renderanno il primo tra tutti i wagneriani italiani, realizza un "Ciclo wagneriano", composto di 46 dipinti (tutti di proprietà del museo Fortuny) animati da valchirie, fanciulle-fiore, nibelunghi, Parsifal, Sigfridi, Tristani: per la prima volta a Venezia sono esposti integralmente, accanto ad incisioni, bozzetti e acqueforti spesso realizzati per le rappresentazioni wagneriane del teatro di Bayreut.

A fianco del ciclo di Fortuny, dipinti di Lionello Balestrieri, Giuseppe Palanti, Cesare Viazzi, Eugenio Prati, Gaetano Previati, Alberto Martini, Adolfo Wildt; la stanza in cui campeggiano i frammenti in gesso dell'enorme statua che lo scultore dedicò al "Puro Folle" (Parsifal) è forse la più suggestiva dell'esposizione.

Ma l'influenza che Wagner ha impresso sulla storia delle arti non si limita ad un arco di tempo a cavallo tra due secoli, continua ancora, e lo dimostrano le opere di artisti contemporanei come Joan Brossa, Anselm Kiefer, Antoni Tàpies e Bill Viola, pure in mostra.

Il pregio di un'esposizione come questa, che non è certo una mostra di cimeli, è quello di offrire al pubblico vari livelli di fruizione: dal puro e semplice piacere estetico dell'osservazione di quadri dall'aura magica e suggestiva, fino agli approfondimenti sulla iconografia simbolista e sui rapporti tra wagnerismo, teosofia ed esoterismo. Il tutto tenuto assieme da un unico, potente collante: la musica di Wagner. Musica che fa da colonna sonora diffusa tra le stanze di Palazzo Fortuny, e che entra anche nel catalogo, edito da Skira, con un cd allegato, realizzato dal pianista Orazio Sciortino, con esecuzioni inedite di brani wagneriani trascritte da compositori italiani di fine Ottocento.

Il wagnerismo nelle arti visive in Italia
Palazzo Fortuny, Venezia
a cura di Paolo Bolpagni
8 dicembre 2012 / 8 aprile 2013

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