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Questo articolo è stato pubblicato il 09 dicembre 2012 alle ore 08:18.

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LONDRA - Abbandonandosi a un sussulto d'ironia si poteva intitolare Souvenir d'Italie. Il sorriso, in realtà, non trova spazio nel lacerante viaggio che Bill Emmott, storico ex direttore dell'«Economist», e Annalisa Piras giornalista e regista, hanno compiuto in Italia per realizzare Girlfriend in a coma, pellicola meravigliosamente indigesta, quanto il titolo. Un film-documentario, seguito ideale dei due libri del giornalista inglese (Forza, Italia e Good Italy-Bad Italy) ma arricchito dall'affondo, in presa diretta, nella melma più spessa che il Bel Paese sappia produrre.

La Mala Italia e la Buona Italia sono le due metà di un intero che non riesce più a comporsi. Due mondi a parte che convivono e (occasionalmente) si scontrano. Autore e voce narrante, novello Virgilio con un Dante che illumina lo spettatore, Bill Emmott, percorre i gironi a cui si offre un Paese violentato dal peggio che la cronaca offre. Lo sfascio morale dell'era berlusconiana è dominante, ma sarebbe un errore leggere la passata tenzone fra il giornalista e l'ex premier come un tratto del film.

Le accuse di "comunismo" lanciate da Berlusconi all'allora direttore di un magazine-monumento al liberalcapitalismo si sono, in effetti, risolte in liti giudiziarie. «Noi abbiamo vinto le cause di diffamazione – chiosa Emmott che volle la celebre copertina con la foto dell'allora premier sotto il titolo "Unfit to lead Italy" – il signor Berlusconi le elezioni». Epifenomeno di un lavoro che è molto più di questo. «Appartiene – spiega la regista Annalisa Piras in occasione dell'anteprima londinese – a un nuovo genere di documentari-creativi. Michael Moore? In realtà si ispira molto a The Inside Job di Charles Ferguson, dedicato alla crisi finanziaria».

Cercare modelli è esercizio inutile. Girlfriend in a coma ha una struttura e un passo suo. E soprattutto, in stile «Economist», una tesi precisa che si può riassumere così: l'Italia è al bivio finale, il trapasso o la salvezza dipendono da noi italiani, da quanto saremo, cioè, capaci o meno di riscattarci dal peccato nazionale. È l'ignavia, secondo l'autore, l'arma che darà il colpo di grazia alla ragazza in coma, oppure, al contrario, si dissolverà, restituendo al Paese un futuro che, come ricorda Sergio Marchionne, «va sempre costruito, non si presenta mai per automatismi».

Le voci sono tante. Da Roberto Saviano, raggelante quando ricorda che il fatturato dell'economia mafiosa è il 10% del pil, a metà fra il 14% della manifattura e il 5% di moda e alimentare, a Toni Servillo, fino al procuratore antimafia Nicola Gratteri efficace, ma opinabile in passaggi tranchant come quelli sul sistema scolastico italiano. Voci che interrompono immagini di cronaca in densa sequenza. Fatti tutti noti, tutti agghiaccianti.

La strage di Capaci e le violenze di Genova, l'assassinio di Marco Biagi, le intercettazioni di dialoghi mafiosi, il filmato di un omicidio di camorra a Napoli, si sovrappongono ai balletti rosa nei dintorni di Palazzo Chigi sullo sfondo di un mondo drammaticamente maschile e maschilista, guidato da un Parlamento fermato in istantanee da Terzo Mondo, fra i fumi letali dell'Ilva. Un violento carosello di dolorose verità. Fatti, non opinioni.

Solo quando comincia a mancare davvero l'ossigeno per l'incalzare di un decadente patchwork rosso sangue, arriva la Buona Italia. L'epopea della Fiat, simbolo del riscatto anni Sessanta, ci porta alle eccellenze come Ferrero o Slow Food, alle testimonianze di Mario Monti, Giuliano Amato, Vittorio Colao, alla speranza incarnata dalla mobilitazione femminile (straordinarie le donne di Cangiari) e al dramma\opportunità rappresentato dal l'emigrazione giovanile.

Volti e argomenti di italiani-stranieri, i più interessanti, crediamo, per chi vedrà Girlfriend in a coma nel nostro Paese. Potrà misurare «quanto l'Italia sia caso straordinario di enorme potenziale sprecato» come nota, con dolore, l'italianofilo Bill.

Un film da vedere – quando la distribuzione sarà assicurata – dentro e fuori Italia. E non, crediamo, per l'assoluta condivisione delle tesi esposte, ma per i fatti. Per conoscere e soprattutto per non dimenticare troppi Souvenir d'Italie.
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