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Questo articolo è stato pubblicato il 23 dicembre 2012 alle ore 08:21.

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Certi appassionati di giardinaggio ricordano la figura medievale del clericus vagans. Si ritrovano da un appuntamento orticolo all'altro, ascoltano conferenze, comprano piante, ma soprattutto fanno ressa negli stand dei vivaisti specializzati. A fine fiera quelli di maggiore popolarità sono di regola frastornati, esausti e al tempo stesso felici. Mentre nel pubblico serpeggia talvolta l'insoddisfazione, perché il tempo per ottenere spiegazioni, consigli, informazioni, è di regola inferiore alla fame di sapere ma anche di relazione con questi personaggi, i vivaisti appunto, dalle vicende mai banali. Dalla percezione di questo desiderio non soddisfatto di apprendistato è nata l'associazione Maestri di Giardino. L'inizio è stato, l'anno scorso, uno scambio di idee a Villa Pernis, nel Campidano sardo, cui sono seguite, a primavera, le prime lezioni, e poi la proposta di un vero e proprio corso di studio organizzato per laboratori nelle varie sedi dei Maestri di Giardino. Come nel vivaio in Val di Susa di Bartolomeo Gottero, che in Frutti dell'amicizia racconta insieme a Mariangela Bonavero anni di ricerche e scoperte di frutti cosiddetti antichi – ben seicento – come la mela Francesca che si raccoglie a ottobre ma si mangia a gennaio. L'idea è di apprendere mani in pasta le varie tecniche – riproduzioni, rinvasi, trapianti, manutenzione, progettazione, potature, semine, innesti – recandosi di volta in volta sul posto, secondo le stagioni, in un vero e proprio nomadismo botanico. È un bel modo di diventare giardinieri.
Passare qualche giorno fianco a fianco dei Maestri, condividendone lavoro e vita quotidiana, è come stare a bottega, assorbendo insieme alle pratiche qualcosa di più: un sistema di vita, il calore di una passione e, certo, la sapienza e talvolta i trucchi del mestiere. Tutto questo lo ritroviamo nei libri editi da Maestri di Giardino, quattro titoli per ora. Diana Pace racconta Cosa c'è sotto, ovvero la terra, quel "paciocco fangoso" che, annota Leonardo da Vinci, l'uomo conosce meno delle stelle. E che per un giardiniere è il punto di partenza, la prima cosa di cui prendersi cura. Lavorandolo fino a ottenere una buona struttura di grumi e humus, la capacità di ritenzione idrica renderà le piante meno vulnerabili alla siccità. Evitando di sconvolgerne gli strati, di esporlo alle intemperie che lo depauperano, pacciamandolo, arriveremo a rendere superflue le concimazioni, spesso più dannose che benefiche, anche perché, con i moderni e barbari sistemi d'allevamento, il letame non è più quello di una volta. La terra forma anche il paesaggio, da qui si parte per capire cosa piantare: anche Mille salvie di tutti i colori, come racconta Elisa Benvenuti, geologa indotta alla collezione da un coup de foudre per le spighe blu acceso di Salvia guaranitica incontrata all'Orto Botanico di Lucca in pieno dicembre. «Io la salvia ce l'ho già», dirà chi conosce la sola salvia di cucina, e magari non sa che prima dell'arrivo di tè, caffè e cacao in Europa se ne beveva un infuso detto tè di Francia o di Grecia. Dove resiste la fragrante tisana di faskomilo, ottenuta da Salvia triloba. Sono più di 900, le salvie sparse in tutto il mondo, molte di loro abbastanza rustiche da conferire tocchi di colore a stagioni non troppo rigide: come Salvia leucantha messa a dimora ogni anno alla medicea Villa La Petraia, e che fino ad autunno inoltrato spunta dai bossi con spighe di calici rosa pelosi e corolle bianche. Ma cosa vanno mai cercando questi appassionati? Per Paolo Tasini il giardino è custode del sogno umano della natura, e non si da buon giardiniere senza esperienza di flora spontanea. Lui fu iniziato dalle passeggiate nella selva di castagni con la nonna, continua portando i figli nei boschi, lasciandoli arrampicare sugli alberi nel tentativo di smorzare le sirene della Play Station. Per tornare nei giardini riportandovi l'emozione del selvatico, premurandosi di non esagerare con le cultivar sterili di bacche da offrire agli uccellini che ci liberano dagli insetti dannosi e dalla necessità indotta di ricorrere a pesticidi. Promette bene, questo che mi piace immaginare come il partito di cui più abbiamo bisogno, quello dei giardinieri, l'unico che potrebbe proporre di introdurre il reato di albericidio: a tutela di un patrimonio arboreo devastato dalle potature incompetenti di tante amministrazioni.
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Diana Pace, Cosa c'è sotto, Edizioni Maestri di Giardino, pagg. 94, € 9,00
Elisa Benvenuti, Mille Salvie, Edizioni Maestri di Giardino, pagg. 106, € 9,00
Paolo Tasini, Come un giardiniere, Edizioni Maestri di Giardino,
pagg. 126, € 9,00
Mariangela Bonavero, Bartolomeo Gottero, Frutti dell'amicizia, Edizioni Maestri di Giardino, pagg. 134, € 9,00
www.maestridigiardino.com

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