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Questo articolo è stato pubblicato il 23 dicembre 2012 alle ore 08:19.

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Scomparso mercoledì scorso a 85 anni, Robert Bork è stato uno dei più controversi giuristi contemporanei. Professore di diritto costituzionale a Yale, sostituto procuratore generale degli Stati Uniti con Nixon e Ford, Bork è noto ai più per la sua mancata nomina alla Corte Suprema americana, dove l'avrebbe voluto Ronald Reagan. I democratici non potevano accettare la nomina di un terzo giudice fortemente conservatore, dopo William Rehnquist e Antonin Scalia. Ne venne una sorta di lapidazione la cui eredità sta tutta in un verbo, to be borked, che indica la bocciatura per un incarico pubblico frutto di una violenta campagna stampa.
Fautore di una interpretazione "originalista" della Costituzione, che circoscrive la libertà d'interpretazione del giudice, la vasta opera di Bork rimane largamente ignorata in Italia. Fa eccezione Coercing Virtue, tradotto da Liberilibri per la cura di Serena Sileoni. È una potente critica del potere discrezionale del «giudice legislatore».
Bork ha però esercitato una grande e duratura influenza soprattutto in un altro ambito: quello del diritto antitrust. Alcuni economisti di Chicago (George Stigler, John McGee, Aaron Director, William Letwin) avevano incominciato a riconsiderare storia e metodi dell'antitrust. Anche questa fu, a suo modo, una critica dell'attivismo giudiziario. La stessa genesi dello Sherman Act, come dimostrò Letwin ripercorrendo il dibattito dell'epoca, era rinconducibile non tanto alla logica dell'interesse generale: quanto piuttosto a una forte azione lobbistica dei "piccoli" contro i "grandi" nell'America di fine Ottocento. La teoria economica forniva una sorta di copertura ideologica a interventi volti a correggere gli esiti di mercato ogni volta che non collimavano con il cliché della «concorrenza perfetta».
Dall'analisi dei mercati reali emergeva però la scomoda verità che pratiche considerate sanzionabili perché volte a limitare la concorrenza andavano a vantaggio dei consumatori. Bisognava invertire l'onere della prova: il successo di un'impresa va considerato un segnale della sua efficienza nel venire incontro alle domande dei suoi clienti, non il primo indizio di una situazione anticoncorrenziale. Bork riuscì a condensare concetti economici complessi e controintuitivi in un criterio messo a disposizione dei giuristi: il "benessere del consumatore". Solo quando esso viene ridotto dall'assetto di un certo settore industriale, è legittimata una correzione del risultato della gara competitiva. Il The Antitrust Paradox di Bork costrinse una generazione di scienziati sociali alla prova più difficile: il confronto con la realtà, non con la teoria, dei mercati.
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