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Questo articolo è stato pubblicato il 30 dicembre 2012 alle ore 16:31.

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In principio è una premonizione. «La probabilità che accada un incidente non è poi così alta. È altissima. Lo sento». Mentre «lo schermo ripete che poche ora fa Papa R è stato trovato a terra, privo di sensi. Ictus» mia madre è «cadavere nell'automobile oramai lamiera su chissà quale angolo di quale statale, la 17 o chissà dove». È un monologo allucinato e allucinatorio il romanzo d'esordio di Andrea Gentile, L'impero familiare delle tenebre future.

La chiusura del sonetto di Baudelaire per titolo e 165 pagine in cui la protagonista «vagola» attorcigliandosi senza meta alla ricerca della madre «perduta». «Adesso vado a raccogliere il suo corpicino» dirà premurosa come solo una figlia psicotico-ossessiva sa essere.
Ma le cose non sono così come appaiono in quel di Masserie di Cristo, sconfinato e mitico entroterra del sud Italia, dove la nostra orfeica ragazzina veggente, in un mondo devastato, superato il «lì dove c'era una porta ora una porta non c'è», si spinge fin oltre la morte quando un fallace «telefono, preferiti, mamma» la proietta direttamente alle «latitudini esperienziali delle meccaniche celesti».

Canzonette e filastrocche d'autore (Celentano e molto Battiato) come echi di specchio, cesellate in architetture complesse e personalissime, incoercibili anche alle pur espresse dichiarazioni di poetica – «odio l'imperfetto, nonché il remoto. Odio dunque la parola oramai» – e in grado di espandersi dal primordiale «chella si che teneva la coccia» fino alle illuminazioni de «l'immenso nulla», passando per inquadrature tanto porno-graficamente ravvicinate – «la telecamera esplora l'occhio sinistro» – da registrare «in mondovisione» anche il più flebile respiro del morente Vicario di Cristo, con a corredo un commento da anatomo-patologo.
In un'atmosfera rarefatta i tempi della narrazione, secondo una tripartizione dell'io narrante nonna-madre-figlia, si dilatano verso un infinito che ha nella memoria l'unica possibile bussola. E su tutto, a incombere in maniera quasi millenaristica, è il ritmo di una lingua sorvegliata e pulsante, sempre oscillante, come l'umano destino, fra «le catene del bene e del male».

stefano.biolchini@ilsole24ore.com

Andrea Gentile, L'impero familiare delle tenebre future, il Saggiatore, Milano, pagg. 168, € 14,00

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