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Questo articolo è stato pubblicato il 06 gennaio 2013 alle ore 08:18.

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«Il vento può spegnere una candela e ravvivare un fuoco. Lo stesso avviene con la casualità, l'incertezza e il caos: bisogna imparare ad approfittarne, anziché tenersene alla larga. Dobbiamo imparare a essere il fuoco e a sperare che si alzi il vento». Con Antifragile. Things That Gain from Disorder, Nassim Taleb riprende il filo de Il cigno nero, il best-seller che lo ha consacrato fra i maggiori pensatori (parola, una tantum, sobria) dei tempi nostri. Ma laddove Il cigno nero voleva essere la diagnosi di un disordine epistemologico, una disamina ironicamente spietata di come modelli caricati di troppe aspettative facciano velo alla nostra capacità di anticipare il futuro, Antifragile ha ambizioni più vaste. L'obiettivo di Taleb è nientemeno che mettere a testa in giù il «sistema» dei circoli intellettuali «sovietici e di Harvard», moderni eredi dei «men of system» da cui metteva in guardia l'Adam Smith della Teoria dei sentimenti morali. «L'uomo di sistema», scriveva il filosofo scozzese, «spesso è così innamorato della presunta bellezza del proprio piano ideale di governo che non può tollerare la minima deviazione da qualunque suo particolare. Egli ... sembra immaginare di poter disporre i diversi membri di una grande comunità così facilmente come la mano dispone i diversi pezzi degli scacchi sulla scacchiera».
Ma gli esseri umani non sono alfieri che muovono esclusivamente in diagonale o pedoni che vanno avanti soltanto una casella alla volta. E, quel che più conta, la vita non è una scacchiera fatta a caselle bianche e caselle nere. Gli uomini di sistema disegnano modelli fragili, regolati sino nei dettagli più insignificanti, e proprio per questo incapaci di resistere al vento dell'imprevisto, quello che nutre il fuoco ma spegne le candele. Taleb cita l'ipocrita autodifesa di Alan Greenspan al Congresso americano, quando il banchiere centrale più apprezzato di sempre indossò la faccia contrita e imbastì un'autocritica posticcia, schermendosi: nulla del genere era mai avvenuto. La differenza fra madre natura e i "men of system", fra un ecosistema e il meccano dei regolatori, è precisamente che madre natura si prepara per quanto non è mai capitato prima: sa che il peggio è sempre possibile, che l'imprevisto accade.
I sistemi complessi sono «ricchi di interdipendenze - difficili da rilevare - e di risposte non-lineari»: «è difficile capire come funziona l'insieme semplicemente osservando le singole parti».
«Un sistema complesso non ha bisogno di sistemi e regole complicate, né di politiche involute. Più è semplice, meglio è. La complicazione porta a catene di effetti inattesi». I sistemi complessi vivono della costante interazione delle componenti. What Kills Me Makes Others Stronger è il titolo di uno dei capitoli più ispirati del lungo, rapsodico saggio di Taleb. A dover essere "antifragile" è un sistema, una "popolazione", non ciascuna delle sue singole parti, non ciascun individuo. Ciò che dobbiamo preservare dal fallimento è il complesso di un'economia: non singole istituzioni per quanto «di importanza sistemica». Non sono soltanto obiettivi analiticamente diversi. Sono in contraddizione. «Se fosse la natura a gestire l'economia, non salverebbe di continuo i suoi membri al fine di farli vivere per sempre». Un sistema è più che "robusto", è "antifragile", quando lascia sciolte le briglie all'evoluzione per nutrirsi dell'errore e dell'imprevisto. «Difatti l'aspetto più interessante dell'evoluzione è che funziona grazie alla sua antifragilità. Adora fattori di stress, casualità, incertezza e disordine: per quanto i singoli organismi siano relativamente fragili, il pool genetico trae beneficio dagli shock adattandosi».
Nel panorama economico, questo significa che sono tanto meno fragili quegli ambiti nei quali la selezione naturale può avere luogo. «I ristoranti sono fragili: sono in concorrenza gli uni con gli altri, ma l'insieme dei ristoranti di una particolare località è antifragile proprio per questo motivo. Se ciascun singolo ristorante fosse robusto, e quindi immortale, il settore della ristorazione sarebbe stagnante o debole».
Si potrebbe accusare Taleb di semplificare: dopotutto, l'evoluzione non sempre produce "naturalmente" i risultati più auspicabili. Ma la sua sarebbe una risposta forte: qualsiasi esito alternativo, per quanto prudentemente progettato, rischia di sfibrare il sistema e di eroderne la resilienza.
«Tipicamente le autorità favoriscono una particolare classe di imprese abbastanza grandi da chiedere aiuto. Così facendo si trasferisce la fragilità dal collettivo all'inadatto». Al contrario, per Taleb il comandamento dell'antifragilità è: «non avrai antifragilità a danno della fragilità d'altri».
Antifragile è un libro ricchissimo, dove l'autore, filosofo orgogliosamente autodidatta, regola i conti con buona parte del pensiero moderno. Per Taleb «noi non mettiamo in pratica le teorie, ma creiamo teorie dalla pratica»: non c'è bisogno di una laurea in fisica per imparare ad andare in bicicletta. La realtà è fatta di rules of thumbs, di euristiche, setacciate nel succedersi di tentativi ed errori. Per questo Taleb apprezza la robustezza della vecchia common law, diritto "prodotto" dai giudici, citando l'italiano Bruno Leoni, piuttosto che la legislazione pervasiva e "fragilista". Per questo rivaluta la Svizzera federale come alternativa allo Stato centralizzato, e preferisce l'ordine arruffato ma spontaneo del suk all'algida e vitrea perfezione dei mercati regolati.

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