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Questo articolo è stato pubblicato il 06 gennaio 2013 alle ore 08:21.

C'è una particolare categoria di spettacoli che la spocchia del critico, di solito, non prende in considerazione, ma che in un certo periodo dell'anno balzano all'attenzione: sono gli spettacoli delle feste, quelli a cui si va soltanto per divertirsi, per ridere senza ritegno mentre altri sono in vacanza ai Caraibi o sulla neve. Ne ho scelti due – Se devi dire una bugia dilla ancora più grossa dell'inglese Ray Cooney al Franco Parenti di Milano e Il malanno immaginario col comico Vito all'Arena del Sole di Bologna – e in entrambi i casi ho trovato le sale strapiene, con platee partecipi ed entusiaste, pronte all'applauso a scena aperta.
Il primo è un ideale seguito di un vecchio successo dell'autore, Se devi dire una bugia dilla grossa, ma l'originalità del soggetto in questi casi conta poco: il problema non è la novità degli ingredienti, ma la freschezza, l'abilità con cui vengono mescolati e rimescolati. E Cooney, attorno al tema di un uomo politico che prende una suite al Grand Hotel per tradire la moglie con un'altra – nella versione italiana, il ministro De Mitri con la signora Rolandi, segretaria del leader dell'opposizione – costruisce, più che un intreccio da commedia, un'autentica opera di ingegneria farsesca.
A innescare il meccanismo degli equivoci è un cadavere – o presunto tale – che appare all'improvviso alla finestra della stanza. Il tentativo di nasconderlo, con l'aiuto dell'assistente dell'onorevole, il timido Mario Girini, genera una travolgente concatenazione di situazioni imbarazzanti: alle intrusioni intempestive del direttore dell'albergo e del cameriere si aggiungono via via quelle del marito di lei, della moglie di lui, dell'infermiera della madre di Girini, e le continue entrate fuori luogo avvengono non solo dalla porta, ma anche dal balcone e da un immancabile cabina-armadio in cui tutti prima o poi trovano rifugio. Ciascuno, a turno, viene sorpreso in atteggiamenti sconvenienti con qualcun altro, in un crescendo esponenziale.
Al trascinante esito, oltre al perfetto ingranaggio drammaturgico e alle stralunate gag che i personaggi di volta in volta inventano per distogliere sguardi indiscreti, concorre l'esuberante vena di tutti gli interpreti: da Antonio Catania, il ministro che ostenta uno sfrontato distacco anche nelle circostanze più compromettenti, a Gianluca Ramazzotti, l'esilarante portaborse, a Ninì Salerno, Licinia Lentini, Miriam Mesturino, accortamente orchestrati da Gianluca Guidi. Su tutti spicca l'ottantasettenne Raffaele Pisu, che non parla molto, ma gli bastano pochi gesti, pochi sguardi per fornire un'alta lezione di sapienza comica.
Lo spettacolo bolognese, diretto da Daniele Sala, si rivolge a un pubblico diverso, forse meno smaliziato, che con gli attori condivide l'uso del dialetto, e a teatro chiede di ritrovare le proprie radici, di riconoscersi soprattutto come comunità linguistica. Il testo di Francesco Freyrie è ovviamente una riscrittura del Malato immaginario: ma la lucida perfidia di Molière appare molto, molto lontana. L'adattamento, in cui un impresario di pompe funebri ipocondriaco sogna di associarsi col medico che gli propina ogni sorta di cure alla moda – del tutto inutili, visto che lui sta benone – conserva la struttura della commedia, ma come spolpata, ridotta quasi a un lungo sketch televisivo.
Ci sarebbe stato da aspettarsi la risata grossa, il lazzo plebeo, le facezie magari grevi ma efficaci: invece, salvo qualche guizzo occasionale, qualche improvvisa accensione buffonesca, tutto risulta stranamente privo di sostanza, asettico, inoffensivo. Lo stesso Vito – che mesi fa, nel Medico dei pazzi, era parso irresistibile – sembra andare qui col freno a mano tirato. Più di lui, si direbbe, si scatena il duo Veronica & Malandrino nelle parti canoniche del pomposo professore e del figlio tonto. Completano il cast, di matrice cabarettistica, Claudia Penoni e Maria Vittoria Scarlattei.
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Se devi dire una bugia dilla ancora più grossa, di Ray Cooney, regia di Gianluca Guidi, Milano, Teatro Franco Parenti, oggi ultima replica
Il malanno immaginario, di Francesco Freyrie, regia di Daniele Sala, Bologna, Arena del Sole, fino al 13 gennaio

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